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Anni Ottanta

Creed II, Rocky spreca Brigitte Nielsen

Stefano Olivari 29/01/2019

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Con Creed II la saga di Rocky è arrivata all’ottavo film e quasi certamente non è finita qui, per la nostra gioia di spettatori freschi di visione al cinema. La trovata del figlio di Apollo Creed permetterà infatti a Sylvester Stallone di tirare avanti fino alla propria morte nelle vesti di mentore di Adonis, interpretato da un Michael B. Jordan talmente privo di sfumature da far sembrare Dolph Lundgren un bravo attore. Sì, riproporre l’Ivan Drago di Rocky IV è stata una genialata, non fosse altro che perché l’ex pugile sovietico, all’inizio di Creed II degradato ad ucraino ma poi promosso a russo, è l’avversario che unirà per sempre Apollo e Rocky. Senza contare l’effetto Lundgren, autentica icona del cinema di azione anni Ottanta e soprattutto Novanta (chi non ha visto almeno 50 volte I nuovi eroi, con lui e Van Damme, non può essere nostro amico), che con l’età ha acquistato un minimo di espressività ed è credibile nel ruolo di allenatore rancoroso e ferito di suo figlio Viktor, avuto dalla ex moglie Ludmila, che lo ha lasciato dopo la sconfitta con Rocky, considerandolo un perdente, e che adesso sta con un politico russo.

Proprio Ludmila-Brigitte Nielsen è la grande occasione sprecata di un film buono, con Steven Caple che applica con perizia gli schemi del genere pur essendo nato tre anni dopo Rocky IV (e si vede), ma che non decolla mai attraverso scene, frasi o situazioni da far entrare nel mito. È facile ipotizzare che la Nielsen, a 55 anni tornata in ottima forma, sia stata una trovata dei produttori e che il suo ex marito Stallone, con un divorzio non esattamente amichevole, non sia stato entusiasta della cosa. Abbiamo scritto ‘I produttori’ ma avremmo dovuto scrivere ‘Il produttore’, visto che nel film c’è la mano anche del leggendario Irwin Winkler, artefice di tutti gli otto Rocky, nella cui villa di Beverly Hills si sposarono nel 1985 Stallone e la Nielsen. Troppi ricordi: per Ludmila è nato così un ruolo ibrido e defilato, quando anche un ragazzo di terza media avrebbe saputo scrivere un dialogo decente con il figlio e l’ex marito. Un’occasione sprecata, visto che a suo modo anche la Nielsen è un’icona riconoscibile in tutto il mondo. Magari in Creed III si farà meglio.

Il film piacerà comunque ai rockiani osservanti, con allenamenti spartani alla ricerca della semplicità perduta e l’ovvio incontro finale fra i giovani Creed e Drago dopo la prima sfida finita con una squalifica, non diciamo di chi per non spoilerare. E Ivan Drago che dal punto di vista umano batte Rocky (non anticipiamo come andrà a finire sul ring), iniziando, e con lui suo figlio e lo stesso Creed, a combattere per sé invece che contro qualcuno o qualcosa. Se i primi Rocky erano una storia di riscatto, Creed II è una storia di genitori e figli, dove tra i figli c’è anche quello del vecchio allenatore di Apollo e Rocky. Fra i genitori un posto d’onore lo merita lo stile di Phylicia Rashad, terza attrice a interpretare la parte di Mary Anne Creed, la moglie di Apollo e madre adottiva di Adonis, da noi già ricordata come moglie di Bill Cosby nei Robinson e qui suocera non livorosa della splendida Bianca-Tessa Thompson. In conclusione, un film che non delude ma con uno Stallone un po’ stanco, meno incisivo che nel primo Creed, e tante sottostorie da sviluppare meglio. Per la prima volta ci è venuto in mente che Rocky potrebbe anche sopravvivere al suo creatore.

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