Cosa resterà di questi anni Zero

14 Dicembre 2009 di Andrea Ferrari

di Andrea Ferrari
Nelle inevitabili classifiche sui dischi più influenti-belli dell’ultimo decennio che ogni rivista si diverte a compilare “Is this it” degli Strokes compare sempre, persino in quelle da ultra-nerd basate sulla filosofia che meno vendi e più sei bravo.

Un’unanimità meritata se è vero che quel disco fu in grado, così come altri dischi epocali, di stabilire una discontinuità: c’è un prima e un dopo “Is this it”, se è vero che anche l’appassionato di musica più disattento fiutò che l’aria in qualche modo era cambiata e la saga del rock aveva forse trovato nuovi eroi, ma soprattutto che bisognava cambiare il guardaroba. Correva l’anno di grazia 2001 e le Twin Towers erano ancora in piedi, tanto che Julian Casablancas (figlio del mitologico John dell’agenzia di modelle) non ebbe scrupoli nel vergare: “New York city cops ain’t too smart…” canzone poi cassata nella versione politically correct post-11 settembre del disco.
Il baricentro del rock si spostò quindi dalla blairiana versione anni ‘90 della “Cool Britannia”, che aveva come colonna sonora il britpop, agli Usa. Anzi a New York, per essere precisi, dove la cifra stilistica nata lì più di vent’anni prima in locali come il Cbgb’s e fatta di un rock tagliente , essenziale e con un “the” nel nome venne riesumata proprio dagli Strokes, anzi dai “The Strokes”. Corsi e ricorsi storici, direbbe qualcuno. Non fosse che (complici anche i genii che affollano le case discografiche) da lì a poco ci trovammo travolti da tanti piccoli cloni, convinti che bastassero delle Converse All Star bucate e tre accordi tre per fare della musica come si deve, ma Casablancas, Moretti, Valensi,  Hammond, Fraiture riuscivano a rimanere una spanna sopra gli altri persino nel look, così spettinato che nemmeno un ciuffo pareva fuori posto.
Se dovessimo quindi votare la band del decennio non avremmo dubbi nello scegliere questi cinque newyorkesi conosciutisi nel collegio svizzero di Le Rosey, anche perchè i due dischi che seguirono quell’ esordio, pur non innovando nè avendo complessivamente “inventato” nulla di nuovo, restano anch’essi dei bei dischi. Tuttavia rimane grande la curiosità su cosa sarebbe venuto fuori se avessero continuato a lavorare con Nigel Godrich (storico produttore dei Radiohead), chissà se salteranno mai fuori i demo di quelle session…Caso vuole infine che gli Strokes siano stati anche anche i protagonisti della nostra ultima intervista (non temete, non ve la imponiamo!) e soprattutto che “First impressions of earth”uscito ad inizio 2006 rimanga ad oggi il loro ultimo disco.
Andrea Ferrari
(in esclusiva per Indiscreto)
P.S. Chiuderemmo in bellezza, se permettete, con questi video.
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