Cosa diceva Q*bert?

12 Gennaio 2021 di Paolo Morati

Q*bert

Se c’è un videogioco iconico degli anni Ottanta questo videogioco è senz’altro Q*bert. La storia del buffo personaggio sferico e arancione dal lungo naso e gli occhi interrogativi, impegnato a colorare i quadrati di una piramide isometrica, minacciato da serpenti e mostriciattoli, cambiò decisamente alcuni schemi grafici e dinamici laddove la visuale era stata fino ad allora in gran parte piatta. Nove i livelli di un gioco che è la summa ideologica del videogioco dell’epoca: 99% azione, 1% narrazione.

Prodotto nel 1982 dalla specialista dei flipper Gottlieb, Q*bert lo abbiamo di fatto giocato parecchio sia in sala giochi sia a casa sull’Atari 2600 con la sua ottima conversione, considerate le caratteristiche tecniche di quella storica console. Un arcade tanto colorato e impegnativo, con divertenti effetti sonori comprese alcune sintesi vocali, fino alla sua espressione “@!#?@!” ogni volta che perdeva una vita. A questo proposito esistono diverse teorie e supposizioni (oltre che immaginazioni) su che cosa volesse effettivamente dire o se in realtà fosse semplicemente un suono senza senso.

Per breve tempo Q*bert ha addirittura rischiato di superare in popolarità Pac-Man – con tanto di merchandising e cartone animato – per poi avere un paio di seguiti e più tentativi di remake (ne esiste comunque una versione per il mondo iOS, aggiornata al 2019), mentre la pallina gialla ha invece continuato la sua avventura fino ad oggi e su diversi media ergendosi a simbolo del genere ed indubbiamente per chi non è appassionato alla materia Pac-Man è un nome di maggiore impatto. Noi Q*bert lo abbiamo però sempre ricordato con grande piacere, contenti anche di vederlo comparire nel film Pixels del 2015. Un giusto riconoscimento per uno dei personaggi dei videogiochi più importanti di sempre.

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