Esercizi di ciclostile

Controllare il radiatore

Stefano Olivari 06/10/2008

article-post

1. Perché salutare con favore il ritorno alle gare di Ivan Basso (Japan Cup del 26/10, ancora sul circuito iridato di Utsunomyia 1990: ricordando Rudy Dhaenens 1961-1998) e non quello di Lance Armstrong, neanche reduce da una squalifica, per quel che vale? E perché non quello di Alexandre Vinokourov, a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan? Notizie di Michael Rasmussen? Perché scagliare malefici contro l’Aso della Parigi-Tours di domenica prossima, per non aver invitato la Lpr-Ballan di Alessandro Petacchi – appena festeggiato il suo atteso rientro alle corse, ci mancherebbe altro, dopo l’anno d’esclusione per positività al salbutamolo, Giro d’Italia 2007 – quando la squadra, effettivamente, non risulta aver mai sottoscritto il programma per l’introduzione del passaporto biologico, in dotazione ai professionisti? Perché infine menarla tanto all’Uci, in proposito, quando a stabilire la lista dei ben accetti e non agli eventi che loro stessi promuovono, hanno voluto essere solo e soltanto gli organizzatori, non ammettendo il regolamento ProTour? Altri paradossi?
2. Più equilibrato (equilibrista?) Bjarne Riis nel parlar male di Fränk Schleck, che non Pietro Algeri nel razzolare bene dopo la squalifica comminata a Riccardo Riccò: di 24 mesi, ha stabilito il Tribunale antidoping, 4 in più di quelli richiesti dalla Procura. “Ma doveva essere radiato!”, così il suo ex direttore sportivo alla Saunier Duval, dal 2009 alla Isd-Danieli. Arriva invece dal passato la prova provata – prima trasmessa per presa visione alla Süddeutsche Zeitung, dopodiché regolarmente sottoposta all’interessato, ma nel corso di una sua deposizione volontaria, dall’Agenzia antidoping del Lussemburgo – di un bonifico bancario intestato al dottor Eufemiano Fuentes, ripagata dal Csc la cortesia di non meglio precisati “consigli sulla preparazione”, domandati all’allora misconosciuto ginecologo in odore d’inchiesta. Primavera 2006. Autunno 2008: “Mi hai profondamente deluso!”, così il futuro team manager Saxo Bank-It Factory, motivando al suo tesserato la decisione di sospenderlo dall’attività, in attesa di nuove buone o cattive che siano. Ma che differenza fa?
3. Varese. Correre per perdere, piuttosto che far vincere Bettini. L’anticiclismo predicato da Antequera, ct della Spagna, ha depresso a tal punto Valverde da fargli confidare ai giornalisti, di spalle al podio e al suo presidente federale Sanchez, nel Mapei cycling stadium: “Con questa classe dirigente non vincerò mai un Mondiale”. E gli stessi Garate e Rodriguez non sono proprio riusciti a spiegarselo, l’altolà comandato via radio dall’ammiraglia, all’avanzamento di quella fuga a 12 (tra i quali 3 italiani e 3 iberici), sul finire del 12° giro. Sul momento i due hanno obbedito e basta. Salvo poi discutere aspramente l’ordine superiore, fin dal rientro nei ranghi del gruppo. Mettendo Freire in imbarazzo. Comunicazione disturbata anche tra i belgi, e rallentata dalla traduzione dal neerlandese al francese e viceversa. Davanti Nuyens e Van Goolen, senza mai parlarsi in fiammingo. Dietro Gilbert – la gamba e la lingua più svelta, francofona – a imprecare contro l’indipendentismo dei corregionali di Boonen. Tutti per questi o quello che è.
4. I suoi primi cinquant’anni 1. Jeannie Longo nasce il 31/10/1958 ad Annecy (Haute-Savoie). Famiglia di montanari sportivi, più sportivi che montanari. Da bambina le piacciono i giochi e le attività all’aria aperta. Fa volentieri ginnastica a scuola e corre già veloce. Impara presto a nuotare e sciare. E dimostra stile e potenza, sulla neve. Tanto che a Saint-Gervais Mont-Blanc scende con i tempi delle compagne più grandi. Lei che non supera i 164 cm di altezza. All’università di Grenoble si iscrive a matematica ed economia. Mentre comincia a fare dell’agonismo: prendendo maledettamente sul serio sia gli studi sia le gare. In anni d’allenamento matto e disperatissimo. Nel 1979 vince i Campionati studenteschi nazionali. Di slalom speciale, gigante e libera. Ma i tecnici federali non si fanno illusioni, hanno saputo della nuova, cocente passione. La bicicletta. “È molto meglio anche del fondo”, racconta al Dauphiné Libéré la principiante delle due ruote. Dopo essersi aggiudicata la prima ciclosportiva alla quale partecipa. Una cronoscalata a Chamrousse. (Continua).

Francesco Vergani
francescovergani@yahoo.it

Potrebbe interessarti anche

  • preview

    Ballando per un corner

    di Dominique Antognoni Ovunque l’ipocrisia impera, ma quando si tratta delle nazionali si supera il livello già altissimo di altri settori. Intanto nessuno ancora ci ha spiegato perchè sia obbligatorio presentarsi: se l’onore fosse davvero così grande uno dovrebbe rispondere alle convocazioni scattando, senza bisogno di imposizioni. Non é più obbligatorio nemmeno fare il servizio […]

  • preview

    Il sonno dell’ingiusto

    1. No, non può far testo una Japan Cup del 26/10, 151,3 km di cortezza, 64 iscritti di numero (59 partenti, in 55 all’arrivo). Però la stessa può fare sensazione, e anche al di là del suo scontatissimo risultato finale. Poteva forse uscire dai dieci, il capitano di una delle due formazioni più forti del […]

  • preview

    Audace colpo del solito noto

    1. Como. Rispettati pronostico, pubblico, patron dei laminati d’acciaio prerivestiti. Damiano Cunego è uno di parola. Ha vinto tre degli ultimi cinque Lombardia ridisegnati intorno al lago, tracciati con Ghisallo, Civiglio e San Fermo della Battaglia negli ultimi 60, vorticosi km. In uno ha regolato allo sprint Michael Boogerd, Ivan Basso e Cadel Evans. In […]