Contador-Froome e l’evo di chi non si nasconde

3 Marzo 2015 di Simone Basso

La vernice della stagione su strada ha messo in campo molti temi. Fra i tappisti, sembrano passati eoni dagli avvicinamenti trafelati dell’evo più scandaloso, i favoriti si presentano già pronti alla battaglia. Dei Quattro Tenori che caratterizzeranno la prossima Grande Boucle (Nibali, Contador, Froome e Quintana) il preludio più agitato è stato offerto – al solito – da Alberto e Chris. Alla Ruta del Sol se le sono date di santa ragione, nemmeno fosse l’antivigilia del Tour. Il Pistolero, salendo l’Alto de Hazallanas, muovendo i suoi a fisarmonica, ha fatto il primo numero – solitario – del suo 2015. Il dì dopo, nella quarta frazione, lo scenario è mutato radicalmente. Team Sky à bloc, di ritmo, e Froomy – all’ultimo chilometro – si è prodotto in una progressione irresistibile. In cima ad Allanada del Santo, con una rampa al venti per cento, Albertino (colle gambe in croce per aver tentato di seguire le “frullate” del britannico) ha dovuto lasciare maglia e classifica.

Questa rivalità curiosa, i due si stimano (e si cercano…) forse perchè totalmente differenti nello stile e nelle caratteristiche tecniche, promette di estendersi a quasi tutto il prologo del Tour de France. Prossimo duello alla Tirreno-Adriatico, poi Volta a Catalunya. È un menu che straccia le tradizioni dell’altroieri; quando i cosiddetti migliori giocavano a nascondino, magari per calcoli farmacologici… La sfida, che esalta l’appassionato, potrebbe essere gradita pure dalla concorrenza: Nibali (faida tra Uci e Stanislao Molinski permettendo) e Quintana in primis. Nel 2014, al Delfinato, Froome e Contador si spolmonarono e, alla Festa di Luglio, lo Squalo dello Stretto ringraziò. Sempre che si possa stabilire una linea certa in vista di un Tour strabico, con la prima settimana zeppa di trappole, poca cronometro, e pochi chilometri complessivi in generale, che sembra disegnato per i colpi di mano (o di testa).

Il resto è una marcia a ostacoli, proiettando lo sguardo verso il Poggio e Via Roma, domenica 22 Marzo. Quelli veri, anche in questo caso, li abbiamo visti presto: Cancellara, gli Etixx, Kristoff, Degenkolb, Vanmarcke (il prossimo ballerino delle pietre), Gilbert, Van Avermaet, Lobato, etc. Aspettando Peter Pan Sagan che, fresco di contrattone Tinkoff-Saxo, non potrà più permettersi il lusso di bucare le classicissime. A venticinque anni, se vuole fare il Kelly o il De Vlaeminck della sua generazione, deve cominciare a vincerle. L’alternativa, scomoda, è quella di correre con il Gorilla del Crodino sulle spalle e la foto di Pozzato nel taschino.

Questo non è un coccodrillo. Claude Criquielion è stato, a cavallo degli Ottanta, uno dei due esponenti di punta (l’altro era Vanderaerden) di un movimento belga in piena crisi d’identità. Al risveglio dopo l’evo d’oro del Cannibale e dei tanti fuoriclasse che dominarono i Settanta. CriCri, matricola, pure lui fu definito erede di Merckx, un’etichetta impossibile da sostenere che ha affossato parecchi talenti (Willems, Fonzie De Wolf, Wampers…). Promessa mancata o quasi, rilanciò la sua carriera da campione al Mondiale di Barcellona: 1984, nella canicola del Montjuich, colse l’attimo fuggente ricacciando indietro il tentativo di ricongiungimento di Claudio Corti. Stakanovista del pedale, a suo agio un po’ ovunque, scoprì tardi il Giro (nel 1989) e confessò il rimpianto di non averlo frequentato di più. Sottolineando di aver disputato troppi Tour, caratterizzati allora da tracciati sadici… La maledizione di Renaix, episodio numero due, e le Doyenne perse da Argentin le hanno ricordate in molti, noi invece sottolineiamo il trionfo più bello e inaspettato. Quella Ronde storica, anno di grazia 1987, quando si involò col rapportone allo scollinamento del Bosberg, primula rossa vallone che si impose nel Fiandre. Le meccaniche di quel successo spiegano bene il fascino perverso delle gare monumento: quando partì, Kelly lasciò il compito dell’inseguimento ai Panasonic rimasti. Il rosso irlandese era amico del nativo di Lessines, luogo di elezione anche di Magritte e Vaneigem, e soprattutto odiava Eric Vanderaerden. Meglio “regalare” a Claudy la Ronde, che Sean mai vinse, piuttosto che favorire il biondino antipatico. L’anno seguente – alla Gand-Wevelgem – Criquielion restituì il favore, tenendo assieme il gruppetto che si giocò allo sprint la vittoria, e Kelly battè un giovane Bugno.

Simone Basso, in esclusiva per Indiscreto

“C’è chi sostiene che per raccontare belle storie basta guardarsi attorno. Io non ci credo. Perchè se così fosse i vigili urbani sarebbero tutti Ingmar Bergman”. (Massimo Troisi)

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