Connessi a Gossip Girl

19 Dicembre 2012 di Stefano Olivari

Negli Stati Uniti è appena terminata la sesta serie di Gossip Girl, telefilm che anche da noi ha avuto un grande successo e che con l’età psicologica che da sempre ci costraddistingue (15 anni) abbiamo seguito fin dalla prima puntata (2007) slalomeggiando fra la programmazione spesso scriteriata della Mediaset targata Piersilvio. Per chi non l’avesse mai visto, la trama si può sintetizzare così: storie, storielle e pettegolezzi di ragazzi newyorkesi ricchi (mai visto, forse mai nemmeno prodotto, un telefilm su ragazzi africani poveri dai tempi di Orzowei, oltretutto anche bianco), che sostanzialmente vivono e vivranno con i soldi dei genitori. La peculiarità di Gossip Girl, ben spiegata da un interessante articolo letto su Mashable.com, è che si sia trattato della prima fiction che davvero ha raccontato le storie della Connected Generation (questa Douglas Coupland se l’è persa). Non ci ricordiamo puntata, infatti, in cui non si veda almeno l’invio di un sms, quando non la condivisione di foto o video su smartphone. Per non parlare dei modelli di telefoni, vera festa della marchetta al cui confronto la bottiglia di J & B in ogni film italiano degli anni Settanta fa tenerezza. Tutti connessi, quindi, tutti a condividere qualsiasi cazzata. Niente di ossessivo o di troppo diverso da quanto fa un quindicenne di oggi, per questo Gossip Girl piace anche a chi ha le pezze sul culo. Gossip Girl altro non è, oltretutto, che un blog dal webmaster misterioso (ma non troppo, è già da un po’ che si è capita la sua identità) a cui tutti i ragazzi di quella cerchia, Upper East Side con poche eccezioni, inviano i propri messaggi e che viene letto in maniera compulsiva a qualsiasi ora del giorno. In cialtronese 3.0 potremmo definirlo un antesignano del web versione hyperlocal. Con l’evoluzione che negli ultimi anni tutti abbiamo notato anche qui nel Bronx (o a Brooklyn, la medietà che per i protagonisti di Gossip Girl è nettamente peggio del Bronx), cioé che l’informazione e il pettegolezzo viaggiano ormai soprattutto attraverso gli smartphone. Tutto ovviamente passa in secondo piano rispetto ai protagonisti, fra i quali troneggia (ma anche troieggia) Serena van der Woodsen (l’attrice, Blake Lively, è poi anche l’unica ad aver fatto cinema vero, fra l’altro anche nell’ultimo di Oliver Stone) e l’amica Blair, presi nell’età fra la fine del liceo-high school e l’inizio dell’università. Al di là dei discorsi da massmediologi della mutua (ora ASL, già USL), il segreto del successo di questa fiction è che nessuno sognerebbe mai di essere vecchio e povero.

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