Il closing di Tong (ovvero, Mancini non era da Inter)

2 Settembre 2016 di Stefano Olivari

Perché da qualche mese non scrivo più Non è da Inter? Semplice: il mio bar era stato chiuso dopo un’ispezione dei NAS che aveva riscontrato nei vassoi degli aperitivi tracce di piscia di 22 origini diverse. E ci era andata ancora bene, perché qualche anno fa in altri bar milanesi queste tracce trovate dai Carabinieri erano più di 30… Il locale è poi passato di proprietà, dalla famiglia Wang alla famiglia Tong, per circa 200.000 euro di cui 198.000 in nero, con il closing fissato a fine anno. Poco? Secondo me tantissimo. Nella zona in cui sono cresciuto è tutto un cartello VENDESI, sembra un miracolo che al di fuori della grande distribuzione esista ancora qualcosa di aperto. E in generale che in Italia qualcuno ancora voglia fare l’imprenditore.

NailsIl vecchio Wang ha deciso di concentrarsi soltanto sull’usura, vendendo i bar e lasciando al suo destino quel cretino di suo figlio Paolo. Che è quindi rimasto a lavorare nel bar di via Novara, insieme a Zhou che adesso si fa chiamare Alessandro e a una ragazza dei Tong, una tale Lifen (in cinese significa ‘Buon profumo’, ma lei onestamente puzza) che ha abbandonato uno dei tanti nails center di famiglia per controllare il lavoro di Paolo-Wang e di Zhou. Il bar ha cambiato nome, adesso si chiama Champions Pub, ma non l’arredamento: sedie gialle Sammontana, tavoli rossi Algida, cinque videopoker con un pay-out ai minimi, alle pareti le vecchie foto di calciatori anni Settanta e Ottanta lasciate dal Nino che risulta ancora a svernare a Santo Domingo o forse è morto, derubato e fatto a pezzi dal finto fratello di qualche mignotta.

SimplyLo frequento meno di una volta, in via Novara ormai vado soltanto per fare la spesa all’Arca Planet e al mio Simply (qualche giorno fa un affarone: presa una crostata a 1,29 euro, quando la seconda più cara costava 4). Ovviamente passo dal bar per fare il pieno di storie, che poi rielaboro cambiando qualche nome. Gli amici mi hanno dato il permesso di usare le loro confidenze, sanno che sarò per sempre uno di loro, perché a prescindere dalle differenze noi della periferia milanese e in generale di tutte le periferie metropolitane del mondo siamo uniti dalla mancanza assoluta di rispetto nei confronti di chiunque. Umili e potenti, ignoranti e colti, impiegati e scienziati, poveri e ricchi: tutto è uguale, indistinguibile, strutturalmente falso. La vita, una noiosa parentesi fra una partita e l’altra. Per noi il grande finanziere illuminato merita la stessa considerazione del senegalese con il cappello in mano: gente che ti vuole fottere dei soldi, avendo anche la pretesa di essere dalla parte della ragione e facendoti sentire in colpa.

L’istruzione per l’uso è sempre la stessa: chi leggendo la rubrica si ritiene offeso allora non la legga, non c’è assolutamente problema. Fra poco si ricomincia, ma con un altro stile rispetto al passato. Poche righe tutte sull’attualità, con un solo vincolo: la citazione obbligata di una frase di Budrieri, nostro unico punto di riferimento ideologico. Lui che Mancini non fosse da Inter lo aveva già detto in tempi non sospetti.

NonèdaInter (Copertina eBook)

‘Non è da Inter – Alla periferia della vita’ contiene le puntate pubblicate fino al giugno 2015 ed è disponibile per Kindle di AmazoniPad-iPhone-Mac , ma anche in generale per tutti i tipi di eReader attraverso la piattaforma di Bookrepublic. Prodotto da Indiscreto, ma giusto perché non lo abbiamo voluto dare a Mondadori e Feltrinelli, costa 4,99 euro. Il cialtronismo della cifra non è nostro, in periferia sappiamo benissimo che si tratta di 5 euro, ma dei poteri forti dell’e-commerce che pretendono (davvero!) che un prezzo termini in questo modo. 

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