Claudio Cecchetto, il momento del celebrare

12 Febbraio 2015 di Stefano Olivari

Claudio Cecchetto è il presidente della giuria di qualità del Sanremo e la sua presenza al Festival offre lo spunto per parlare dell’autobiografia uscita un paio di mesi fa, In diretta. Il Gioca Jouer della mia vita, di cui abbiamo seguito la presentazione (ne abbiamo già scritto su Indiscreto) e in cui è presente moltissimo Sanremo. Intanto perché Cecchetto da deejay conosciuto solo a Milano e dintorni passò alla notorietà nazionale prima con Discoring (Boncompagni lo volle insieme a Rosanna Napoli e Awana Gana) e poi conducendo per tre volte Sanremo (1980 con Benigni e Olimpia Carlisi, 1981 con Eleonora Vallone e Nilla Pizzi, e 1982 con Patrizia Rossetti), ma anche perché come imprenditore radiofonico e produttore non ha mai guardato con snobismo alla musica italiana. La sua Radio DeeJay degli inizi ne trasmetteva poca, è vero, ma come scopritore di talenti poi si è rifatto abbondantemente.

Il libro è pieno di aneddoti riguardanti il mondo delle radio e della discografia, con un filo conduttore unico: Claudio non sbaglia mai. L’autocelebrazione è più perdonabile della celebrazione, ma questo non toglie che non sia possibile che per 40 anni Cecchetto abbia avuto solo intuizioni giuste (anche per quanto riguarda il web), puntato solo sui nomi giusti e si sia comportato sempre in modo impeccabile, venendo ovviamente ogni tanto ‘deluso’ dai comportamenti dei suoi artisti. Ben descritta l’infanzia piccolo borghese nella Milano degli anni Sessanta (Cecchetto è del 1952), con cambiamenti continui di case e un’ammirazione sconfinata per il padre. La parte più emozionante è quella sugli albori della radiofonia privata (lui li visse da Radio Milano International) e della tivù commerciale (da TeleMilano 58, poi diventata Canale 5), arrivando alla lucida follia di fondare una radio come Radio DeeJay basata non sul marchio della radio ma sulla caratterizzazione fortissima dei personaggi e sul loro pompaggio anche televisivo attraverso DeeJay Television (all’inizio su Canale 5, poi su Italia Uno).

A ogni stella della sua scuderia vengono riservate nel libro (edito da Baldini & Castoldi) parole più o meno calde: a tutti vengono fatti complimenti, ma una lettura attenta fa ipotizzare chi siano secondo Cecchetto i ‘buoni’ (Jovanotti, Max Pezzali, Sandy Marton, Fiorello, Amadeus), i ‘cattivi’ (Linus, Baldini, Taffy, Sabrina Salerno) e i ‘neutri’, quelli senza soggezione nei suoi confronti (Gerry Scotti, Fabio Volo e Marco Mazzoli, pare di capire). Bella la scansione dei capitoli, con verbi all’infinito proprio sul modello del suo fortunatissimo Gioca Jouer: questo è il momento del ‘celebrare’. Poteva essere un grande capitolo quello della vendita di Radio Dee Jay al gruppo l’Espresso, con Berlusconi arrabbiato con Galliani perché si era fatto sfuggire l’affare (e anche perché la radio del suo pupillo Cecchetto era andata a De Benedetti), ma è un po’ tirato via, mentre in positivo si può dire che questo libro non è affatto nostalgico ma abbraccia quattro decenni di musica e spettacolo italiani vissuti dal di dentro, spesso da persona che decide. Lo potremmo definire un libro super-generazionale, visto che ogni lettore può ritrovarci il calore della ‘sua’ epoca grazie a un racconto in primissima persona. Di sicuro l’attivismo e la positività di Cecchetto, sempre proiettato nel futuro, traspaiono da ogni pagina: fossimo in Berlusconi saluteremmo Fitto, Verdini, eccetera, e punteremmo direttamente su di lui come leader di Forza Italia.

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