Ci vorrebbe Marchionne

28 Luglio 2022 di Stefano Olivari

Quattro anni fa, il 25 luglio del 2018, moriva Sergio Marchionne. Uno dei migliori manager della storia d’Italia, tanto celebrato in vita con toni oltre il fantozziano e tanto dimenticato dopo la morte, anche dagli Agnelli-Elkann le cui aziende aveva salvato e rilanciato: di fatto fu lui l’ultima grande scelta di Umberto Agnelli prima della sua scomparsa, nel 2004, ed è inutile ricordarne i tanti successi (l’operazione Chrysler su tutti, ma anche il rilancio di singoli modelli) e i pochi insuccessi, fra cui la gestione sportiva della Ferrari che sotto la sua guida ingaggiò Sebastian Vettel. Di Marchionne ci sono sempre piaciuti sia il carattere sia la storia personale.

La famiglia Marchionne era emigrata in Canada quando lui aveva 14 anni, nel 1966, ma lui era rimasto legatissimo sia all’Abruzzo del padre Concezio, carabiniere, sia all’Istria della madre Maria, che aveva visto da vicinissimo la guerra con un padre ucciso nelle foibe dai comunisti jugoslavi ed un fratello preso dai nazisti tedeschi e fucilato. Padre e madre si erano conosciuti proprio in Istria, a Pola, dove Concezio prestava servizio, e questo fatto unito alle tragedie familiari aveva fatto sì che Marchionne si definisse istriano di adozione e partecipasse spesso a commemorazioni. Lui l’esodo degli italiani non l’aveva vissuto, ma sapeva bene perché la quasi totalità degli abitanti avesse preferito essere povera (e spesso emarginata) in Italia che diventare jugoslava. Una storia per cui non basterebbero mille libri, formalmente finita con il vergognoso trattato di Osimo firmato dall’Italia democristiana appoggiata dal PCI, con l’accettazione di una situazione di fatto per altri territori, fra cui la Umago dove Musetti ha appena perso da Cecchinato.

Per questa sua storia personale, fra l’altro aveva studiato filosofia ed era nato come uomo di finanza, non certo di prodotto, e per la sua dimensione internazionale, Marchionne era fino a pochissimi anni fa considerato il leader ideale sia della sinistra, in Italia spesso dalla parte dei grandi capitalisti e dei poveracci (come il barbone draghiano più volte citato), sia della destra, in Italia spesso dalla parte della piccola e media borghesia. Lui era credibile per tutti: quanti editoriali che tiravano per la giacca, anzi per il mitologico maglione, Marchionne, da una parte o dall’altra…

Di base si trovava più a suo agio con interlocutori di centro-sinistra, da Obama a Renzi (per l’ex presidente del Consiglio l’unico mini-endorsement di Marchionne che si ricordi), ma aveva chiaramente anche le caratteristiche per essere il leader di una destra post-Berlusconi, peraltro nel 2022 non ancora iniziata. Non era un politico, Marchionne, ma oggi ci sarebbe bisogno di italiani come lui. Certo essere scelti dall’alto è uno sport diverso dall’essere votati dal basso, come anche Draghi ha dimostrato.

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