Chi vince e chi Ghana

9 Ottobre 2008 di Stefano Olivari

Il libro sportivo più citato dell’anno è stato senza dubbio Calcio Mafia (titolo originale The Fix: cioé aggiustamento, tarocco), il saggio sulle scommesse calcistiche scritto da Declan Hill in Italia edito da Rizzoli e promosso in tutto il mondo con qualche anticipazione su partite forse truccate del Mondiale 2006. Trecento pagine che si leggono velocemente, ma che aggiungono poco alla conoscenza di un fenomeno che rende sempre meno credibili il calcio ‘medio’ sia in Asia che in Europa. Le tesi di fondo sono due: la prima è che il centro finanziario del mondo delle scommesse sportive sia in Asia, la seconda è che anche calciatori di primo piano siano facilmente corruttibili o perlomeno influenzabili e che quindi anche i campionati più ricchi ed organizzati siano ad alto rischio di inquinamento. La centralità dell’Asia a livello di raccolta è nei fatti, sia per il numero di scommettitori che per la capacità di attrarre capitali occidentali (mentre raramente accade il contrario): Hill però è bravo a documentare il tutto attraverso interviste a vari operatori del settore (quasi sempre malavitosi, in qualche caso anche giornalisti coraggiosi o poliziotti meno corrotti della media), con particolari di viaggio di impossibile verifica ma che rendono considerazioni di buon senso quasi un libro inchiesta. Meno fondato invece il discorso sulla credibilità del grande calcio: se con poche centinaia di migliaia di euro si può tenere in pugno il calcio malese o di Singapore, con la stessa cifra non si può essere sicuri della fedeltà nemmeno di un centrale difensivo di serie B italiana. Insomma, il grande vecchio ci può teoricamente essere ma di sicuro per condizionare il calcio che conta deve avere potenzialità finanziarie, o ricattatorie, da presidente di grande club europeo. Non stiamo dicendo che il calcio occidentale sia pulito, anzi pensiamo l’esatto contrario, ma solo che al momento non esiste una Spectre che possa intervenire su ogni tarocco: sono dirigenti e giocatori che di volta in volta ragionano secondo la propria convenienza, stando a quel poco che filtra dai muri omertosi. Del resto nemmeno Hill va fino in fondo, limitandosi a notizie di dominio pubblico e calando la carta Mondiali per guadagnare un po’ di attenzione. Le partite in zona sospetto di Germania 2006 sono quattro, secondo Hill: Italia-Ghana del girone, Brasile-Ghana ed Inghilterra-Ecuador degli ottavi di finale, Italia-Ucraina dei quarti. Nessun risultato a sorpresa, va detto, ma questo rientra nella filosofia dei veri aggiustatori di partite: assicurare un risultato probabile porta meno rischi che lavorare per un colpo gobbo ad una quota più alta. L’autogiustificazione principe di molte squadre è infatti del tipo ‘Perderemo lo stesso, tanto vale farlo guadagnandoci’, che nel calcio dell’Est europeo viene addirittura teorizzata dai dirigenti dei club. Tutto verosimile, che non significa vero: le anticipazioni ad Hill sono date da uno scommettitore di grande taglia, ma nell’ottica del libro di denuncia hanno anche il difetto di essere molto logiche. Ed una anche sbagliata, visto che secondo gli aggiustamenti previsti l’Inghilterra avrebbe dovuto vincere due e non uno a zero contro l’Ecuador. Il lavoro giornalistico più interessante è quello fatto sul Ghana, frequentando il ritiro di Wurzburg (la città natale di Dirk Nowitzki, nei secoli, anche se va detto che nei libri scolastici è maggiormente presente il concittadino Heisenberg) e notando la facilità enorme per personaggi di qualsiasi tipo di formulare proposte ai giocatori della nazionale africana. Quasi tutti motivati e seri, visti da vicino, ma circondati da faccendieri e vecchie glorie (Abedi Pelé, per dirne una) dal ruolo imprecisato ed imprecisabile. Il tramite fra scommettitori e giocatori sembra essere stato nel caso specifico un ex allenatore dell’Under 17 ghanese, intravisto qualche tempo prima dallo stesso Hill a Bangkok in un Kentucky Fried Chiken mentre discuteva con delinquenti del ramo scommesse. Tutto tenuto insieme davvero con lo spago, ma la parte di inchiesta rimane comunque interessante al di là delle conclusioni forzatissime. Un po’ la stessa sensazione avuta leggendo il Mundialgate di Oliviero Beha e Roberto Chiodi su Italia-Camerun 1982: un’inchiesta portata avanti bene (molto meglio quella dei due giornalisti italiani, anche riletta ad anni di distanza), ma utile più a descrivere un ambiente corruttibile e corrotto che a provare una singola frode sportiva. Che magari c’è stata, sia nel 1982 che nel 2006, ma che anche in questo caso sarebbe meno organica al ‘sistema’ di quanto lo siano i tarocchi del calcio di club. Mettere in piedi un intrigo internazionale per un evento che si gioca ogni quattro anni sembra esagerato, più credibile semmai che qualche giocatore abbia lavorato in proprio. In definitiva un libro di cui si è parlato molto, con il traino delle quattro partite mondiali, ma più ferrato sul calcio del sud est asiatico degli anni Novanta che su quello europeo di oggi. Le scommesse rimangono una grande opportunità, sia per chi guadagna troppo poco sia per il miliardario che si sente intoccabile, e sono il vero grande rischio per lo sport del terzo millennio: siamo ormai nella zona in cui credere a tutto è uguale al credere in niente, ma gli sport individuali (tennis su tutti) o quelli senza tifosi che ti prendono a bastonate sotto casa (il bordeggiamento degli spread previsti nella stagione regolare NBA è quasi un’arte, altro che caso Donaghy) sono messi decisamente peggio.
Stefano Olivari
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