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Anni Ottanta

Cannes, Sophie Marceau ha già vinto

Stefano Olivari 09/07/2021

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Ogni pretesto è per noi buono per parlare di Sophie Marceau. Anche citare il Festival di Cannes, sagra di paese in cui spesso i francesi si premiano fra di loro (a questo giro 17 film sui 24 in concorso sono di produzione o coproduzione francese), ma che comunque è sempre ambitissimo dai giornalisti in gita premio. L’icona immortale del Tempo delle Mele, straordinaria da adolescente, da donna e anche oltre, è infatti la protagonista di Tout s’est bien passé, il film del nostro coetaneo François Ozon, che in quanto coetaneo non si è vergognato di dire che La Boum è stato un film fondamentale per l’educazione sentimentale di una generazione.

Inutile raccontare per la millesima volta due film, perché anche il 2 è di livello, che abbiamo visto tutti (noi per la prima volta allo Zenit di Piazza Piemonte, con la gente seduta per terra: unica volta a nostra memoria), sorvolando sulla furbata distributiva italiana di inventarsi l’episodio numero 3 giocando con il titolo di un’altra opera, che peraltro aveva lo stesso regista (Claude Pinoteau) e altri collaboratori in comune con Il Tempo delle Mele, oltre ovviamente alla protagonista.

Tornando al presente, ci piace citare… la citazione proprio di Ozon, nel suo Estate 1985, film dell’anno scorso che a noi è piaciuto molto, in cui viene riproposta la celeberrima scena del walkman. Solo che la canzone con cui ci si estranea dal rumore non è Reality, cantata da Richard Sanderson, ma la pur pregevole Sailing di Rod Stewart. E che il ragazzo che mette la cuffia alle orecchie non lo fa a Sophie Marceau e nemmeno ad un’altra attrice, ma ad un altro ragazzo. Per fortuna non viviamo in un paese islamico e nemmeno la Francia lo è ancora diventato, quindi possiamo dire che il linguaggio universale di Sophie Marceau sia in grado di superare ogni confine. Per noi a Cannes hanno già vinto lei e Ozon, anche se l’eutanasia non è un argomento allegro.

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