Atletica
I camerieri di Armani e Juventus
Oscar Eleni 05/03/2018
Oscar Eleni dall’urna dei derelitti, in provincia di non sa dove, fra gente che preferisce dire gelicidio piuttosto che galaverna. Brutto compleanno fra voti a perdere e perdite che portano più del dolore. Questo Davide Astori bergamasco e capitano della bella Fiorenza era un tipo che ci piaceva. Parlava poco, rideva spesso. Era umano e non aveva bisogno di un tatuaggio per farsi riconoscere. Diverso il senso del lutto per il viaggio senza ritorno del dottor Bannister, il primo uomo a correre il miglio sotto i 4 minuti nel freddo di un pomeriggio inglese di maggio, nel 1954, dove tutto era meraviglioso come ci racconta, ancora una volta, il sommo Quercetani. Meraviglioso l’annunciatore Norris McWirther, che poi si inventò, col fratello Ross, il libro sui primati, il famoso Guinness: ”Primato dello stadio di Iffley Road, nonché primato britannico, europeo, del Commonwealth e del mondo”. Benedetti inglesi. Straordinaria la cornice: uno dei cronometristi era Harold Abrahams, l’uomo che vinse i 100 a Parigi, il personaggio al centro del film da Oscar Momenti di Gloria.
Capirete che con questo stato d’animo la domenica del basket ci è sembrata davvero poca roba, anche se fra le ricche società cannibali abbiamo notato che gli astri hanno detto alla Juventus e all’Emporio Armani che la tavola è pronta e se hanno voglia di mangiare avranno come camerieri questi avversari di oggi che si agitano fra i vassoi, confondono le portate e fanno strada ai campioni annunciati già in estate. La Juventus ha probabilmente scavalcato il Napoli sette bellezze, la Milano avvelenata da se stessa in coppa Italia è ormai in vetta e soltanto una prodezza di Austin Daye, il passerotto, ha permesso a Venezia di ribaltare in 4” il verdetto contro una Virtus Bologna senza fortuna, tenendo la Reyer al primo posto in classifica mentre Filloy regalava cicuta al povero Sacripanti nella nebbia di Desio dove Avellino ha conosciuto la fame degli uomini di acciaio del Sodini che diventerà presto allenatore troppo invidiato per non essere anche odiato: lui parla con i giocatori e non soltanto di basket, cerca il cuore, esplora la mente. Come il dottor Bannister ai risultati preferisce le scoperte.
Guarda che tipi ci manda in campo il destino adesso che in Piemonte hanno scoperto il filone del successo. Certo la Torino del Galbiati che accarezza cavalli non sempre disponibili ha rischiato di lasciare la carrozza su cui era salita a Firenze, tornando nella zucca vuota di qualche suo presunto primattore, ma poi Capo d’Orlando ha finito la benzina dopo una straordinaria rimonta. Dicevamo del Piemonte e sembra che nel tino il mosto della coccarda cominci a produrre roba buona: per l’anno prossimo, o forse per i play off, trasferimento al Pala Vela, lasciando i ricordi al Pala Ruffini. Torino come faro e nella nebbia arrivano altri “giganti” come quelli di Tortona che hanno vinto contro il pronostico, ci deve essere un folletto dispettoso in sala parto quando c’è la coppa Italia, il trofeo dell’inverno seguendo la squadra di Tortona del Lorenzo Pansa che già aveva illuminato la strada alla under 20 di Moncalieri. Per battere Ravenna sul campo di Jesi ha avuto bisogno di un americano di talento come Melvin Johnson, di un ’95 di belle speranze come Francesco Stefanelli (1.92 per 85 kg) eletto MVP e di un simpatico veterano come Luca Garri, classe 1982, uno che faceva bene il suo lavoro anche nella massima serie, anche nei giorni in cui lo avremmo mandato a quel paese come ci capita quando vediamo un Polonara così svuotato, uno Spissù così mogio, un Pascolo così triste nella giornata di massima consacrazione per il Cinciarini che fa girare la giostra del Pianigiani meglio di tutti quelli che il “piccolo principe” senese ha scelto prima che il caso lo aiutasse.
Scusate il ritorno al passato, all’ultimo incontro quello dove ci è stato bocciato dalla direzione il titolo Sacchetti a La la land. Effettivamente non avevamo spiegato. Nel Romeo che ha passato una domenica infernale, per le paturnie tutte italiane dei suoi ragazzi di casa, vediamo il sognatore da seguire quando cerca la purezza della sua musica cestistica, con la ruvida timidezza dei sognatori, dei quasi poeti. Ecco, Sacchetti è quell’artista del film da Oscar. Rinunciando a tutto, anche se adesso sta lassù, fra i ricchi che non gli piacciono tanto perché la sua anima è ribelle, ed è fortunatamente a cavallo dell’onda Italia tenera e dolce, il massimo per chi fa il suo mestiere, per chi ha giocato per passione, anche per soldi certo, ma non tutti hanno pensato di produrre olio con quello che hanno guadagnato.
Siamo tornati su questo argomento dopo aver ascoltato, alla giusta distanza, come impongono le liste nere della casa, gli sfoghi del Pianigiani dopo Firenze, dopo la notte dei cristalli dove Ataman gli ha servito un panno caldo con quella squadraccia dell’Efes che deve avere una spia fra gli elfi della coppa Italia se ha vinto il trofeo nella Turchia dell’orco Obradovic, del grande Blatt. Ci ha lasciato con la sensazione di chi è costretto a mangiare semolino tutto quello che è servito a Pianigiani per spiegare il flop al Pala Mandela e poi le due partite cerotto dove le avversarie avranno capito che Milano si batte facendole più di 90 punti perché lei ci arriva facilmente e può andare oltre. Quando lui dice che ha vinto tanto gli diciamo che ha ragione. Certo che non è rimbambito, anche se non è vero che ha vinto molto dopo Siena perché ammetterà che Istanbul era un banco di prova più credibile di Gerusalemme. Colpa sua, colpa loro. Non importa. A Milano gli hanno dato una macchina con tanti cavalli. Nessuno dei piloti che troverà sulla strada avrà la stessa dotazione. Quindi poche scuse. Europa andata, coppa Italia perduta, adesso deve prendersi quello che è suo dal primo giorno. Non è scritto, ma la vigna è da vino con origine controllata.
C’è una cosa, però, che ci ha colpito in questa fase dove i mistificatori a servizio sono riusciti ad inventarsi ogni cosa per salvare più la capra che i cavoli, il modo in cui ha trattato e tratta i giocatori di scuola italiana. Per carità, a molti di questi campioncini, serviti a tavola da agenti che intervengono anche sui minutaggi d’impiego, presunte stelle nel campionato, daremmo una vanga, altro che il confetto e la nota di buona condotta, ma c’è un cinismo di fondo che colloca il Pianigiani Simone nel girone degli allenatori che sono davvero i nemici dei poeti estinti. Non è un peccato neppure questo. Chi paga vuole i risultati. Lui sceglie per soddisfare il signore del castello o, almeno, lo sceriffo di turno. No, la cosa che ci amareggia è questo apparire in scena per come non riuscivamo ad immaginarlo. Quando Petrucci lo esonerò dalla Nazionale eravamo perplessi. Con quello che passava il convento aveva fatto il minimo sindacale richiesto. Ci siamo accorti più tardi, il suo lavoro a Milano ne è la prova, che lui sarebbe uno dei primi a volere una squadra con 12 stranieri, uno che davvero non si siederebbe a tavola con chi pensa che ci si debba mettere tutti insieme per uscire da una crisi che nasce dal reclutamento e finisce con il disinteresse per i vivai, anche se poi nel ballo in maschera c’è chi confonde il numero con la qualità. Certo non piacerebbe oggi un cinico alla Rubini che agli allenatori delle giovanili Olimpia non chiedeva titoli, ma giocatori che potessero stare in prima squadra. In passato è accaduto. A Milano, a Varese, a Bologna, a Cantù, a Treviso, a Roma. Adesso? Mah. E non venga fuori poi che un giorno ha fatto giocare il giovane Bortolani. Schiaffo a Sassari, ma anche ai suoi.
Va bene, è ora di pagelle in brodo di seppia.
10 A Kobe BRYANT che ha vinto il premio Oscar per il corto animato più emozionante, che ha ringraziato moglie e figli in italiano. La NBA che presenta giganti di questo tipo, uomini di pensiero come Abdul Jabbar Alcindor, che è sensibile nei confronti delle matricole, del mondo che gira intorno, ci affascina e non perché ce lo urlano da un microfono o perché fa gli auguri per un compleanno.
9 Al PIEMONTE che vive il grande risveglio di coppa Italia. Ha vinto con Torino, Tortona, Omegna. C’è fermento, come direbbe il pilota di Mediterraneo pensando a questa Italia del basket che forse riscopre le miniere, basta che poi il fermento non diventi tormento.
8 A Gian Matteo SIDOLI perché i suoi premi a Quattro Castella hanno qualcosa che manca al basket di oggi: la ricerca della gente con cui abbracciarsi davvero. Lui che è stato anche un buon arbitro dovrebbe ricordarlo ad una categoria che in questo turno ci ha fatto capire quanto è gommoso il regolamento da interpretare, se poi vincono le squadre di casa, un bel sei su sei, allora l’ignoranza non sta più nei tiri, ma nelle valutazioni di quei dirigenti che allo sport sono arrivati senza conoscerlo. No, la sua Reggio Emilia non fa testo perché si è perduta davanti allo specchio, un po’ come la Sassari reduce dal Dubai. A queste il riposo ha fatto malissimo. Miniera gente, altro che riposo.
7 Al Luca CAMPANI che in 25’ per Capo d’Orlando ha fatto 25 punti prendendo 7 rimbalzi. Una prestazione che ci confonde perché se Caja, che stimiamo, lo ha lasciato andare, ci sarà un motivo, perché se Di Carlo, che stimiamo, gli ha dato soltanto 25’ ci sarà un motivo. Caro ragazzo, non è che ci farai pentire come tanti altri colleghi italiani per un voto che va oltre la stima?
6 A Luca BANCHI che alla Maremma ha preferito la Germania di Bamberg dove sostituirà il TRINCHIERI che adesso è l’uomo più conteso sul mercato. A proposito, qualcuno ha visto come il pubblico di Bamberg ha salutato l’allenatore appena congedato, col trucco delle dimissioni, dalla società? Qui preferiscono il rogo, la colpa è sempre di qualcun altro e ci dispiace aver ascoltato BONICIOLLI così amareggiato e deciso ad andarsene da questo ambiente che già aveva disgustato Messina.
5 Al GALLINARI senza fortuna che dopo i guai al gluteo, ai tendini adesso torna a guardare gli altri accarezzando una mano dolce, ma fragile. Le nostre “stelle” sono fragili, ma si danno da fare, come dicono quelli che vedono il giocatore in rieducazione lontano dalla sede della società che lo paga.
4 A PESARO e CAPO d’ORLANDO costrette a dividersi il poco che resta della loro serie A in questa settimana che porta allo scontro diretto. A queste due società se arriveranno alla sfida alimentando tensione. A chi non capirà una eventuale retrocessione che sembra persino logica, guardando a certi bilanci.
3 A REGGIO EMILIA infilzata in casa sua quando era già convinta di aver ritrovato squadre e, soprattutto, uomini veri. Mai fidarsi troppo e questo Menetti lo avrebbe dovuto imparare già l’anno scorso.
2 Al PASQUINI in barba grigia perché l’inizio partita di Sassari al Forum è stato davvero deprimente. Eravamo abituati a vedere una Dinamo diversa, dove non mancano quelli che ancora ci credono tipo il tanto sottovalutato Tavernari o magari il De Vecchi utilizzato soltanto alla fine.
1 Ad AVELLINO che è l’unica delle presunte grandi ad essere rimasta senza sorriso dopo la delusione in coppa Italia. Milano un tuono, Venezia un filo d’angelo e i lupi? Tutti con la gola arrossata e ci addolora sapere che Sacripanti è nel mirino.
0 Alla FIBA se non terrà nella giusta considerazione la candidatura italiana per gli Europei del 2021 e alla nostra FEDERAZIONE se non smentirà presto che il supervisore TANJEVIC potrebbe ostacolare il lavoro di SACCHETTI. Questa strana coppia può lavorare insieme perché sono due uomini che sanno cosa è la passione, cosa sono i sogni.