Calabresi o Pinelli?

19 Maggio 2022 di Stefano Olivari

Si è in questi giorni parlato molto dell’uccisione del commissario Luigi Calabresi, esattamente mezzo secolo fa, il 17 maggio 1972, da parte di alcuni membri Lotta Continua: Leonardo Marino e Ovidio Bompressi gli esecutori materiali, Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani i mandanti. Queste le sentenze definitive, che però non rendono l’idea del clima di intimidazione, giustificato da molti intellettuali, in cui Calabresi e la sua famiglia vivevano dalla morte di Giuseppe Pinelli, avvenuta due anni e mezzo prima in seguito ad una caduta mentre si trovava nell’ufficio di Calabresi in Questura a Milano, in via Fatebenefratelli.

La tesi della Questura, quella del suicidio del ferroviere, interrogato in seguito alla bomba in Piazza Fontana (la pista anarchica era un grande classico di quegli anni, quasi sempre infondato), buttandosi dalla finestra dell’ufficio di Calabresi, è stata più volte smentita dalla magistratura: sull’argomento sono stati scritti tanti libri, anche non mainstream, (Pinelli – La finestra è ancora aperta quello secondo noi più interessantelo abbiamo addirittura letto. L’inchiesta fu condotta da Gerardo D’Ambrosio e, pur escludendo il suicidio, certificò l’assenza di Calabresi dall’ufficio e con un’acrobazia linguistica (il leggendario ‘malore attivo’) escluse anche l’omicidio.

I testi per farsi un’opinione non mancano, ma certo è che Pinelli volò dalla finestra di quell’ufficio, dove lo tenevano in stato di fermo in maniera illegale visto che dopo 48 ore il pubblico ministero avrebbe dovuto annullare o confermare il provvedimento. Comunque non vogliamo ripercorrere tutta la storia, ma sottolineare ancora una volta l’assurdità della cosiddetta memoria condivisa, quella che ad esempio accomuna tutti i morti degli anni di piombo, e che in questo caso sfruttando la grande qualità umana delle vedove Pinelli e Calabresi punta a trasformare questi fatti in una fiction da Rai 1. Ma Calabresi, che secondo ogni indagine davvero non aveva responsabilità dirette, non può in ogni caso essere messo sullo stesso piano di Pinelli. L’ufficio era il suo, il più alto in grado era lui. Così come a maggior ragione Sofri e gli altri di Lotta Continua non possono impartire le lezioni di vita che impartiscono da mezzo secolo su tutti i media: loro sono gli assassini, Calabresi la vittima.

Il cippo commemorativo di Luigi Calabresi si trova in via Cherubini, a 200 metri da casa nostra, davanti a una pokeria che ci indica ancora meglio del seminascosto cippo che mezzo secolo è davvero passato. Molto meglio l’Italia di oggi, anche se è logico che qualche vecchio rimpianga gli ardori giovanili.

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