Cairo fra Torino e Blackstone

17 Maggio 2021 di Stefano Olivari

Il Torino di Urbano Cairo è fra le peggiori squadre della Serie A, ma è probabile che fra Lazio e Benevento in qualche modo si salvi. Le vicende granata sono state negli ultimi giorni collegate al lodo arbitrale che ha visto su fronti contrapposti la RCS controllata appunto da Cairo ed il fondo Blackstone, uno dei più grandi del mondo, con asset per oltre 600 miliardi di dollari. Materia del contendere la vendita avvenuta sul finire del 2013 degli immobili di via Solferino e dintorni, fra cui quello dove c’è la redazione del Corriere della Sera, appunto a Blackstone, per 120 milioni di euro.

Mossa della gestione RCS pre-Cairo, che i fatti hanno dimostrato essere sbagliata, sia per il pesante affitto che RCS si era impegnata a pagare (10,3 milioni l’anno) sia per le offerte arrivate negli anni successivi, in particolare quella del 2018 di Allianz, all’epoca si scrisse 240 milioni, base della causa (visto che l’operazione era saltata) in corso a New York e che potrebbe essere devastante per l’azienda, visto che Cairo ha ottenuto una manleva sulla sua iniziativa legale (traduzione: eventuali danni per lite temeraria, o come si chiama in americano, sarebbero pagati dalla RCS).

In sintesi: l’arbitrato milanese non ha dato in pratica ragione a nessuno, ha riconosciuto che il valore dell’immobile era superiore ma di circa un 20% e che comunque non c’era alcun tipo di reato, ci sta che uno compri ad un prezzo e rivenda ad un prezzo superiore. Ma a New York ballano 600 milioni di danni e si gioca in trasferta, dovesse andare male qualcuno fra RCS e Cairo si farà malissimo. Domanda dal bar dell’economia: ma chi è che nel dicembre 2013 vendette (o svendette, secondo la tesi del presidente del Torino) quegli immobili agli americani?

Senza stare qui fare tutta la storia dell’azienda, ricordiamo che fino al 30 ottobre 2013 la RCS era governata da un patto di sindacato che metteva insieme azionisti di varia taglia: il principale era la FIAT già diretta da John Elkann (e Marchionne), ma importanti erano anche Mediobanca, Unipol, Pirelli e Intesa San Paolo. Intesa fra l’altro fu l’advisor dell’operazione immobiliare selezionando le varie offerte. Amministratore delegato era dal 2012 Pietro Scott Jovane, evidentemente scelto dai maggiori azionisti, che qualche tempo dopo avrebbe anche venduto RCS Libri alla Mondadori (altra operazione discussa). Insomma, Cairo non è un passante che per caso si è trovato nel 2016 a controllare il Corriere della Sera, La Gazzetta dello Sport e tutto il resto, ma è ben chiaro quali poteri abbia contro. Per salvare il Torino forse basterà qualcuno dei discorsi motivazionali di Nicola, ma il resto?

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