Buzzavo, Benetton e l’ultimo viaggio della Temeraire

3 Novembre 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sull’attenti davanti alla Ghirada, contea di Treviso, regno della Verde sport inventata da Gilberto Benetton insieme al suo generale più bravo e fedele, il Giorgio Buzzavo che dal primo novembre ha lasciato la sua nave al filosofo Castorina, uno dei tanti talenti allevati in casa, pilastro, insieme al Fregonese che adesso è ancora la voce del nuovo basket e della pallavolo di Conegliano, di una struttura che dovrebbe fare scuola, che resterà nella storia del nostro sport. Buzzavo nel mondo dei duci truci: gli piaceva passare per il cattivo in commedia, ma gli piaceva di più veder crescere una pianta con mille rami, il meglio. Avremmo voluto accompagnarlo all’uscita, magari verso Asolo, magari verso un bel posto caldo che farebbe bene anche alla nostra artrosi, usando bene il flauto come ha saputo fare Enrico Campana che lo ha congedato come meritava, da gigante, da campione come dirigente anche se a lui piacerà sempre far sapere che anche sul campo è stato qualcuno e una salvezza Virtus è tutta sua, così come fu tutta sua la scena agli universitari di Viareggio quando annientò Bovone e fece piangere il barone Sales mentre Alberto Bucci, allenatore del Cus Bologna, cantava insieme a Calamai e Bonaga.

Non ci siamo riusciti. Eppure gli dobbiamo tantissimo perché nella fase del limbo professionale, quando la chiusura della Voce ci aveva riportato alla casella di partenza come nel gioco dell’oca, ci ha offerto una platea televisiva, un mezzo lavoro. Lui sa che non ci è mai piaciuto dire sì quando in testa prevaleva il no, siamo stati dalla sua parte quando Minucci esagerò e fece vivere alla Benetton quello che poi è stato il suo tormentone nel fallimento di Siena, ma non nel coro per veder cadere, stroncare chi pure aveva lasciato tracce profonde nel sistema. Insomma non saremo mai maramaldi davanti a quello che sta capitando a Pesaro, Caserta, Virtus Bologna, ne siamo invece angosciati, così come ci fece star male davvero l’uscita di scena di Giorgio Seragnoli e quindi della Fortitudo prima del tracollo Virtus, di Valter Scavolini, del Gilberto Benetton che è stato l’unico vero difensore della fede per lo sport di Treviso, della Siena che era davvero qualcosa di speciale sul campo, come organizzazione societaria, anche se per stare al vertice si è bruciata le piume più di altri che pure sui contratti d’immagine hanno fatto i loro slalom speciali.

Comunque sia, non avendo le parole giuste in canna ci affideremo al post di Valerio Bianchini su Facebook giratoci da Werther Pedrazzi che anche col “didon operado” ci ha guidato nella zingarata sentimentale al Campus: “Leggo questa sera che Giorgio Buzzavo lascia la guida di Verde Sport. Quando un grande “Costruttore” di sport, squadre, vivai, impianti sportivi, passione, lascia tanta gloria dietro le sue spalle, non posso fare a meno di pensare ad un bellissimo quadro di William Turner che vidi un giorno alla National Gallery di Londra. Il quadro rappresenta l’ultimo viaggio della Temeraire, la nave vittoriosa della battaglia di Trafalgar. Essa è trainata verso il porto, in un tramonto di luce irreale, tipico del pennello di Turner. Tutto il quadro esprime un’intensa commozione per la nave che lascia le battaglie, ma anche uno smisurato orgoglio per il suo carico di valore”.

Come scrivere cose più belle di queste? E ci viene sempre in mente che questi cacciafeluche di Lega e Federazione un Bianchini lo hanno sottomano ogni giorno, ma si sono ben guardati (gelosia per l’intelligenza?) dall’utilizzarlo come servirebbe a questo basket che adesso si rianima soltanto nella ridicola diatriba fra gli apostoli del mondo secondo Pozzecco e quelli che non vedono l’ora che vada fuori strada. Il Poz è la risorsa più bella che ci siamo trovati quasi per caso al via di un campionato che sembrava, sembra, avere un padrone solo, per merito di quelli che erano a Capo d’Orlando, per la scelta coraggiosa e coinvolgente di Varese che non deve proprio temere una caduta di zuccheri se, fisiologicamente, la squadra dovesse pagare tante volate con un organico che non può reggere con molte squadre costruite spendendo cinque, dieci, venti volte di più, che non può farsi angosciare se il Diawara mille usi, generoso, disponibile, prende due volte 5 in pagella sullo stesso giornale che non gli ha perdonato la partita persa contro Reggio Emilia e poi quella di Venezia affrontata senza Kangur. No. Varese è in una dimensione diversa. Può dare fastidio a tutti, ma soltanto se li sorprende. Arrivare al suono dei tamburi, delle dichiarazioni aggressive come ha fatto il Valli con i cinni della Virtus andando verso la crisi di Cantù, costa carissimo. I Minnesota Fats che si trovano in giro per mandare a casa senza niente gli Spacconi del nuovo mondobasket sono ancora numerosi. Per batterli devi stare unito e Pozzecco, nelle due sconfitte che potevano benissimo esssere successi, un centimetro perso, un pallone vagante, una puttanata, è uscito benissimo, magari in maniera teatrale prendendosi tutte le colpe, ma la storia degli allenatori veri dice che è nel dopo una partita perduta che si valuta il valore di un capo. Pozzecco sa esserlo e, sapendo di esserlo, si accorgerà che quando gli chiedono più attenzione per la difesa non è per buttare via il buono che è stato fatto.

Dicevamo della zingarata a Varese e se siamo rimasti fermi salutando la macchina del tempo che ha fatto traslocare Buzzavo dalla Ghirada, la stessa cosa abbiamo fatto al Campus sotto il monte e sopra la storia, il centro con sguardo al domani costruito dai Bulgheroni dopo la cessione alla Benetton di Stefano Rusconi, un capolavoro, un messaggio, una delle tante cose grandi del Toto che avremmo voluto presidente di Lega, visto che per esserlo in federazione, come ai tempi di Rubini, dovrebbe imparare a dividere gomme e pennini. Ci siamo seduti al bar, prima di vedere come Marruganti e il nostro carissimo Riccardo hanno ridato vita all’anima della Mens Sana, prima di applaudire un’altra volta il Passera roburino figlio di Gianni Asti, del compianto Trombetta l’uomo dell’”alè fioeu” che dovrebbe essere scritto su quel muro ossessionante che rende meno bello un campo costruito per amore. Guardandoci intorno ecco un pannello fotografico che Armando Crugnola, direttore del centro, non toglierà mai: la foto del Cappellini che per il basket di Varese è stato davvero tutto, anche se si occupava della cambusa, dei muscoli, il Marino da Temeraire come Buzzavo, il padre putativo del Sandro Galleani, di tutta una generazione e la foto del suo abbraccio con Vittori è da lacrime, ci scusino lorsignori che non ne possono più della nostalgia canaglia di chi cecvava Bergman, De Sica, Rossellini, Olmi, Fellini, Visconti, e non Bombolo caro Petrucci, caro Marino, caro in ogni senso se davvero i colleghi lo pagheranno oltre i 100 mila euro per essere diretti dal numero uno di Brindisi in un bel conflitto d’interessi che, prima o poi, diventerà il boomerang della stagione. Lo diventerà anche se non ci sarà nessun compenso. Una lega,lo dicono tutti, deve essere diretta da uno che non è parente di nessuna società. Va be’.

Ma torniamo al Campus, alle foto del Cappellini in mezzo alle tribune di Masnago e su ogni sedia, ben sistemate, le maglie con tutti gli sponsor della Magnifica. Valeva il viaggio, ma è stata bella anche la partita, tanta gioventù, tanto ardore, tribune piene anche se il biglietto costava 8 euro, accidenti, ma devi pur mantenere una squadra anche in quella che adesso è la quarta categoria se partiamo da serie A, passando per Gold e Silver, in attesa che a Roma il genio delle formule rimischi ancora tutto. Se fosse stato per i dirigenti Robur la partita contro i ragazzi che hanno ereditato la maglia dai campioni dei 7 scudetti avrebbe dovuto svolgersi al Palazzo di Masnago proprio sotto il Campus. Impossibile. C’erano i campionati di karatè. Impossibile anche spostare la partita alla domenica, giocava il Varese calcio e non si volevano contaminazioni con la nuova tifoseria senese, quella che con oltre 2.000 abbonati accompagna la rinascita, con i tantissimi che seguono la Mens Sana ovunque e i 200 che non hanno potuto seguire la squadra a Varese, di certo, avrebbero dato sollievo alle casse di società già costrette a vivere con poco e niente, anche se la cosa non sembra disturbare chi chiacchiera, chiede giovani da far giocare e non sa che sono società come la Robur che hanno fatto la storia per tanto tempo. Un tuffo nel basket dove le figure alla Giuseppe Sciascia, l’uomo ovunque, il giornalista più informato del pianeta cestistico, il più appassionato, erano la regola non l’eccezione come capita oggi dove hanno successo i barlafus urlatori. Siamo stati bene al Campus, ci siamo anche divertiti pur non condividendo tutte le frasi che si dicevano in troppi per non farci riflettere: ”Le partite sono più godibili di quando guardi la serie A, finalmente quasi tutta gente nostra, riconoscibile, nel bene e nel male”. Capito, gente?

Non chiedeteci niente della scelta fatta da Cusin, ci siamo rimasti malissimo. Non può accadere che un giocatore della Nazionale si spaventi se nel primo mese in una nuova società lo fanno giocare poco. Ci sono gli allenamenti, ci sono tante partite per far ricredere un allenatore e non è possibile credere che Sacchetti sia stato scambiato per Trinchieri che Cusin lo aveva cancellato. Due tecnici super premiati ed amati, ma diversi come storia e Romeo degli albanesi conosce il tormento del giocatore insoddisfatto forse più del Trinca esiliato in Germania. Allora Datome oggi, e Belinelli ieri, cosa gli hanno insegnato?

Proliferare di libri sul basket, anche in mezzo a plagiatori plagiati, siamo curiosi di leggere il lavoro di Adolfo Maffei su Pentassuglia perché già intriga il titolo In principio fu Elio edito da Ideadinamic del Calderari altro innamorato di Big Elio.

Nella nebbia di un’inizio stagione che non rende giustizia al lavoro fatto in estate da Cantù siamo contenti di poter leggere che c’è possibilità di un accordo fra la presidentessa Cremascoli e il past presdident Corrado per risolvere, finalmente, il problema della ricostruzione al Pianella.

Aspettiamo di sapere dall’agente del ragazzo Akele in lite con Venezia se in questa diatriba, magari giusta per lui, per loro, ci ha guadagnato un talento che avrebbe potuto crescere di fianco al figlio di Tonut che non ha voluto salire di categoria perché la Trieste di Dalmasson gli dava e gli dà la scuola che ancora serve per diventare giocatori. Da Trieste è arrivato in serie A il Ruzzier che se avesse ascoltato certi brutti consiglieri si sarebbe trovato senza niente per non aver avuto il coraggio di osare come hanno fatto i due ragazzi di Reggio Emilia.

Pagelle servite direttamente dal circolo “La spugna” dell’Avana, rifugio per giornalisti pensionati dove il motto dovrebbe essere ripetuto come un mantra da giocatori e allenatori ed imparato bene anche dai dirigentucoli che vorrebbero i giornalisti in scena soltanto per dire il nostro pranzo è servito: ”La dignità è come la spugna, conserva la forza di tensione anche se compressa”.

10 A Giorgio BUZZAVO che lascia Verde Sport, ma non l’idea che le cose si possono fare bene soltanto se hai coraggio, passione, se credi in quello che fai e nalla gente che viaggia con te sulla diligenza.

9 Al RECALCATI che asciugandosi i sudori freddi che gli ha fatto provare Pozzecco, il suo allievo più amato, ha saputo rendere il giusto onore delle armi ad un avversario che seppure con squadra incompleta ed inferiore è rimasto in partita fino a 55 centesimi dalla fine. Un brigantino contro una corazzata come lo era la Reggio Emilia della settimana prima.

8 A GRICCIOLI e al dirigente Giuseppe SINDONI per il raid a sorpresa di Capo d’Orlando sul campo della Cremona che veniva dal doppio sacco in trasferta su campi importanti e presentava addirittura il pivot della nazionale Cusin. Come ci ha detto Soragna alla presentazione, per una città e per gente come quella del Capo sei disposto a fare ogni sacrificio e forse si salveranno davvero.

7 Al COLLET che guidando Strasburgo ha ribadito che l’allenatore della Francia campione d’Europa, protagonista anche all’ultimo mondiale spagnolo, è davvero uno di qualità e contro di lui Reggio Emilia ha pagato la tassa che sembra appesantire il viaggio europeo delle nostre squadre. Come nel calcio andiamo tutti col freno a mano tirato e saltiamo pochi fogli di giornale.

6 A VERONA che sembra davvero costruita per riportare in serie A una città che ha avuto una bella storia e che promette di avere un futuro. Magari si potrebbe anticipare tutto affidando la coppa Italia proprio a questa città, ma chi glielo spiega a quelli di RCS?

5 Alla CANTÙ ritrovata contro la tenera Virtus Bologna perché se anche quando vince e ritrova se stessa finisce con un giocatore importante al pronto soccorso allora bisogna proprio pensare che serve un esorcista per ridare a Sacripanti la squadra che aveva in mente: bella, ma anche cattiva. E Abass può essere il vero profeta.

4 Alla ROMA televisiva che nella partita per la Europa Cup ci ha fatto fare una figuraccia con quel campo che sembrava un buoio scantinato e poi, per la RAI, ha illuminato un po’ meglio l’arena dove non vanno mai più di 2.500 persone. Merito della RAI? Forse. Ma scaricare su Sportitalia la colpa ci sembra un autocanestro come quello sulle fatiscenti tribune stampa dove è impossibile lavorare e, casomai, trasmettere un servizio. Sarebbe un compito del Lega vigilare, intervenire, chiedere e sanzionare.

3 Alle GABBIE per TIFOSI che rendono ridicolo parlare di basket azienda, ai questori tremebondi che vietano persino una trasferta ai pochi tifosi che seguono le squadre della quarta serie come è accaduto a Varese per timore del contatto con gli Arditi. Se non riusciremo ad emanciparci allora è giusto che la pallavolo si vanti di aver superato la terra dell’ignoranza molto prima del basket e dei suoi tanti, spesso finti, tesserati.

2 Alle CESTISTE INVIDIOSE che si sono messe a polemizzare nei cinguettii di moda con le pallavoliste quarte al mondiale dove la gente si è davvero divertita e non soltanto per l’eleganza delle protagoniste. Non rispettare fatiche e successi degli altri è il primo segno di un provincialismo che non fa soltanto allungare i pantaloncini di gioco, ma anche il naso di chi sa benissimo che la mente e il lavoro in palesatra è sotto pressione in qualsiasi sport.

1 Alla BUROCRAZIA che ha fatto ritardare il tesseramento del Freeman che ha dato la vittoria a Capo d’Orlando sul campo di Cremona e, magari, l’avrebbe data anche contro Roma. Siamo sempre in un mondo sportivo dove chi dirige rispetta davvero poco chi si batte 20 ore al giorno per tenere in vita una pianta sulla quale non pisciano soltanto gli ultras delle altre società. Si ripetono i trucchi dei campionati dove non tutti trovano squadre al completo.

0 A CUSIN e a DATOME per motivi molto diversi. Per il centro di Azzurra Tenera, che sul campo corre forte, una resa che sbalordisce non soltanto gente come Gigi Riva che alla Sardegna ha legato la vita e la storia. Se temi di avere poco spazio allora non esiste un posto dove imparerai a diventare davvero quel qualcuno di cui ha bisogno Pianigiani. Per il capitano di Azzurra, il dolce Gigi che in Sardegna ci ha vissuto, questa vita grama a Detroit va oltre la razionale scelta orgogliosa di chi non si arrende. Stare seduti a guardare corrode, fa regredire tecnicamente ed umanamente. Non diciamo che faceva bene ad andarsene verso Barcellona, ma nella motor town dove tutto si spegne lui non può più resistere se se fra i non entrati in tre partite straperse.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

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