Burioni e il tracking Ferrari

13 Aprile 2020 di Indiscreto

Roberto Burioni è ormai ospite fisso da Fabio Fazio, tipo la Littizzetto o Filippa Lagerback. Niente di male, tutti andiamo dove ci pagano. Nella puntata di ieri di Che tempo che fa il virologo-star ha spiegato un esperimento portato avanti dalla Ferrari e dal gruppo FCA per ripartire a produrre in sicurezza, attraverso vari strumenti fra cui il cosiddetto contact tracing. In pratica il controllo delle persone alle quali ogni dipendente è stato vicino negli ultimi giorni, con l’obbiettivo di vedere se ce n’è qualcuna infetta.

In sostanza Burioni ha utilizzato la Rai, con Fazio in estasi mistica, come megafono per valorizzare una sua (e non solo sua) marchetta, patrocinata dalla Regione Emilia Romagna. Ma non facciamo i moralisti e concentriamoci sull’obbiettivo, senz’altro auspicabile e sintetizzato dalla Ferrari con lo slogan ‘Back on track’: tornare a lavorare, ma in condizioni di sicurezza e quindi senza paura. Cosa non va bene, quindi, in tutto questo delirio di ‘monitoraggi’, ‘tracking’, ‘tracing’ e ‘isolamenti’?

Nell’Italia di qualche mese fa sarebbe stato del tutto evidente: l’autoritarismo sovranazionale, statale e anche regionale che si salda con quello aziendale. Non si tratta più di qualche nerd che invade la tua privacy per rubarti la password di Dazn, ma di entità con a disposizione strumenti coercitivi classici. Per molto meno, qualche decennio fa, un tiepido elettore del PLI o del PRI si sarebbe iscritto alle Brigate Rosse.

Nell’Italia impaurita di oggi, che all’80% ha votato (sondaggio visto alla Domenica Sportiva) contro la ripartenza del campionato di calcio, questo esperimento sembra invece quasi una soluzione naturale, necessaria per tornare a respirare. Si avvicina il 25 aprile, aspettiamo al varco quelli che vedevano il fascismo in ogni angolo mentre adesso lo invocano.

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