Buoni motivi per comprare BMW

16 Gennaio 2010 di Italo Muti

di Italo Muti
Pensieri cattivi su ribassisti, il bottino della Fiat, il diluvio dopo Armani e l’imposizione dello sci.

1. Passata è la tempesta? Siamo davvero fuori dal tunnel? Prima di gridare evviva, forse bisogna guardarsi bene attorno, procedere con passo felpato e non fare dichiarazioni spocchiose. La situazione è comunque fluida e i ribassisti sono sempre lì, pronti a intervenire e a seminare dubbi nel mercato, nei risparmiatori più timorosi e già proni sul sacro altare delle vittime sacrificali. I vari problemi vanno riportati nei loro giusti termini, anche quelli imeresi, simbolo di una delle caratteristiche italiche che rende la rinascita di questo Paese un’impresa improba.
2. Il Gruppo Fiat ha avuto un 2009 d’oro, anche se l’anno è stato difficile per molti, per quasi tutti, rendendo la vita comune una vera merda. I risultati sono lì belli freschi a dimostrare una ripresa consistente, della serie basta con le pezze al culo: +7,1% i volumi, +0,5%la quota del mercato europeo occidentale, migliori vendite dal 2001, lo stesso per Lancia e Alfa Romeo; in dettaglio , le immatricolazioni rispetto al 2008 sono state +79% in Germania, +12% in Francia e +14,2% in UK. Tutto ciò grazie ad un improvviso amore smodato per le automobili Fiat, per la nuova Punto e la nuova Panda? Una febbre che ha pervaso l’Europa? E’ questa l’Influenza A per cui bisognava vaccinarci pena la morte o l’incauto acquisto di una BMW? Considerati gli aiuti corroboranti sotto il nome in codice di incentivi alla rottamazione, visti i risultati economici, allora chiudiamo Termini Imerese e andiamo dove la produzione costa meno. Se la location era sbagliata, imbecilli ad andarci, se c’era un premio nascosto, allora non puoi andartene dopo aver preso il Grisbì. Se te ne vai, allora riconsegni allo Stato il maltolto con interessi.
3. Giorgio Armani ha una villa a Saint Tropez (oltre che in duecento altri posti), qui a Monte Carlo non l’abbiamo mai visto. Se venisse però ci piacerebbe chiedergli cosa ne pensa dell’eliminazione europea di una squadra di basket che costa circa 9 milioni di euro l’anno (il direttore di Indiscreto sostiene di più, ma a noi risulta questo) ed il cui presidente ha detto di considerare l’Eurolega come un allenamento. Un allenamento per arrivare al massimo, ma proprio al massimo, secondi in campionato come l’anno scorso. Finché ci saranno Re Giorgio ed il vantaggio fiscale nulla sarà toccato, poi il diluvio.
4. Proprio a duecento metri dal nostro modesto appartamento abbiamo invece incontrato un noto trader di diritti televisivi, che ci ha raccontato episodi illuminanti sulle scelte di programmazione delle varie discipline nelle emittenti italiane. Sia free che pay. Girato il materiale al direttore, che vedrà cosa farne. Di nostro diciamo solo che quella del libero mercato è una grandissima balla: non necessariamente chi ha più spettatori ricava più soldi. Discorso che vale sia a livello generale (buon esempio lo sci) che del micromondo calcistico: alcune società prendono più soldi non perché facciano fatturare di più alle pay-tv, ma perché minacciano di portare la gente in piazza.
Italo Muti
(per gentile concessione del’autore, la versione originale dell’articolo è in Dentro la Finanza)

Share this article