BTP Italia solo per lettori di giornali

14 Maggio 2018 di Stefano Olivari

Da oggi fino a mercoledì 16 maggio (dopodomani, insomma) saranno sottoscrivibili da tutti noi comuni mortali i BTP Italia 2018-2026. Si tratta di Buoni del Tesoro Poliennali il cui tasso di remunerazione non è fisso, come nei BTP classici, ma ancorato all’inflazione italiana. Con un tasso minimo garantito reale dello 0,4% (nella precedente emissione era 0,25). Il che significa, in maniera grezza, che se i prezzi dovessero rimanere stabili o calare in ogni caso verrebbe corrisposto quello 0,4%. E, all’opposto, che se il costo della vita dovesse per ipotesi aumentare al 2% la cedola diventerebbe del 2,4%. Da aggiungere, in qualsiasi scenario, il premio fedeltà dello 0,4 per 1000 per chi dalla sottoscrizione si tiene il BTP fino al 2026.

Non volevano sparare numeri che si possono trovare ovunque, ma condividere un cattivo pensiero: fra le persone che conosciamo nessuno, e sottolineiamo nessuno, del pubblico potenzialmente interessato a uno strumento finanziario di questo genere è stato avvisato dalla propria banca di questa finestra per la sottoscrizione del BTP. Eppure si tratta dell’investimento più sicuro possibile, del più comprensibile alla maggioranza della popolazione (non solo gli anziani), di uno dei più facilmente liquidabili in tempi brevi. Non è certo un investimento aggressivo, nessuno lo pensa, ma un onesto parcheggio dei propri soldi per non avere patemi d’animo. Eppure il funzionario della banca così sollecito nel proporre alla nostra amata vecchina fondi azionari African Growth oppure obbligazioni fixed floater (“Signora, guardi che cedolona all’inizio, poi se vuole lo può rivendere”) non lo è altrettanto nel proporre un investimento in linea con il profilo di rischio della vecchina stessa.

Non generalizziamo: la maggioranza di chi lavora in banca è onesta, si vergogna nel proporre spazzatura e si limita a non telefonare, ma chi propone è ovviamente più stimolato a fare gli interessi della banca che lo stipendia. Alla fine leggere le pagine finanziarie dei vituperati giornali, quelli che secondo molti sarebbero superati, permette almeno di sbagliare con la propria testa. Da usare sempre perché anche i giornali possono essere in malafede, come quando (è successo davvero…) propongono confronti tra fondi bilanciati e titoli di Stato. Di sicuro investitori che si informano grazie all’amico del cugino, e che nelle homepage dei grandi siti vengono colpiti solo dalle photogallery, sono per le banche i clienti ideali.

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