Brutti senz’anima

8 Febbraio 2013 di Oscar Eleni

Oscar Eleni fra le macerie  Olimpia del Forum di Assago, trovando sbarramenti  già al teatro della Luna perché siamo in un mondo confuso dove se paghi anche tanto non è detto che poi ti facciano vincere. Milano fuori vuol dire Coppa Italia mangiata negli spazi, ma non soltanto quello. La filosofia del gruppo non prevedeva due frontali in pochi mesi dopo aver messo sul tavolo assegnoni che nessuno in Italia può permettersi. Fuori dall’Europa, castigo in coppa contro Varese che ha proprio un’anima come tutti quelli che hanno affiancato il progetto di Del Nero e Cecco Vescovi che  sta facendo passi da gigante come dirigente, testimonianza freschissima del presidente Gianni Petrucci che lo ricordava ombroso come giocatore e adesso lo ha scoperto propositivo, con idee brillanti e la voglia di lavorare davvero.

Per il presidente che ha ritrovato il suo palazzo giorni difficili nella Lombardia infelix: prima l’arrabbiatura con Marzorati che si è schierato dalla parte del rappresentante dei comitati regionali Coni favorevole a Malagò, poi è arrivata la dichiarazione da Caserta del possibile ritiro a metà corsa della squadra che ogni anno fa una gran fatica a mettere insieme gli euro per pagare stipendi e viaggi. Su questo, come sul grido di dolore da Montegranaro, è stato davvero duro e chiaro parlando a Valentino Renzi, presidente della Lega di serie A: o intervengono loro oppure ci penserà lui. Voci del genere sono avvilenti. Lo ammettiamo. Ma ci devono pensare tutti insieme e cercare di finire in maniera decorosa la stagione. Ha ragione quando dice che per farsi ridere dietro siamo diventati più bravi che sul campo e chi chiede adesso l’abolizione delle retrocessioni vuole avvelenare la palla a spicchi. Magari ha ragione, ma, pensandoci bene, prima di ricominciare, sarà meglio guardare i conti di tutti e poi valutare se non ci conviene allargare la serie A a chi ha davvero i mezzi, magari con una formula tipo NBA, tanto per giocare un numero necessario di partite per fare cassa. Non è vero che abbiamo poche richieste di grande ribalta e poche città importanti che stanno volentieri fuori.

La fiocina di Petrucci, fra uno starnuto  e l’altro, una telefonata e l’altra, durante la presentazione del libro di Alberto Mattioli sui suoi 12 anni con la squadra azzurra, dall’oro di Parigi all’argento olimpico, passando attraverso trincee dove sono caduti tanti galantuomini,  come Fausto Maifredi, tanti uomini di grandi qualità come il Tanjevic mangiato ad Antalia dopo il tormento di Sydney dove avevamo davvero la squadra da medaglia già nel 2000. Bel lavoro e stuzzicante titolo, in linea con il personaggio: Diario di 12 anni di conti non sempre esatti con la Nazionale italiana di pallacanestro. L’uomo enciclopedia, che ama lo sport in generale e quello di base sopra ogni altra cosa, forse come la montagna che lo vedeva stambecco in gioventù, ha fatto una ricerca interessante e i suoi appunti, giorno per giorno, meritano di essere letti con amore, senza dimenticare niente, anche le giornate in cui tutto franava e la Bulgaria ci ha messo fuori dal circo che conta.

Di fianco a Petrucci si è rivisto Meneghin che sembra disteso e con piccole sacche di risentimento per chi lo ha aiutato meno di quello che pensava, anche se questa rabbia dovrebbe riservarla per quelli che davvero hanno avvelenato la sua presidenza e molti li troverà fra i presunti compagni di viaggio.

Macerie Olimpia per il Forum e i suoi miasmi. La società, quella di Proli, che voleva vendicarsi di chi osa persino criticarla, di chi a domanda risponde e  quando chiedono cosa pensa della Milano del basket deve dire la verità. Un tempo non c’era pace fra gli ulivi, era l’età dell’oro, ma la critica serviva a tutti, stimolava, senza minacce, senza interventi dall’alto, anche perché nei giornali difficilmente si  lasciava solo il redattore per ragion di stato pubblicitaria, perché gli ex potevano anche parlar male e non per questo messi alla porta. Comunque sia l’idea che si deve essere fatto per la ricostruzione dell’impero resta questa. Certo la stangata contro Varese ha fatto proprio male e anche se Scariolo ha rimandato eventuali processi (ancora una volta?),  spiegando ai colti come lui che  c’è tempo per arrivare allo scudetto con la squadra rinnovata, bisogna dire che le facce di chi dovrebbe stare sopra all’allenatore non erano proprio di gente paziente pronta a rimandare sempre l’appuntamento con la storia dell’altro secolo.

Quando l’allenatore dice che è rimasto sorpreso dal temperamento della squadra ci siamo guardati intorno: se non è il capo branco  a leggere nella testa della sua ciurma, chi altri? Certo non si può sempre prendersela con il fantasma di Fabrizio Frates che al momento osserva, medita e soffre l’ingiustizia: non era lui a non capire questi uomini a troppi carati che giocano cercando lune lontane, vivendo con lune pericolose, professionisti che conoscono il mestiere del soldato di ventura: dieci padroni, cento case, mille esperienze, ma nessuna ferita irrimediabile.

Dalla coppa esce a pezzi anche Cantù che era già nei guai alla vigilia per questa malattia di Tyus che non lascia quasi speranze  di poterlo rivedere in campo, almeno per quest’anno e se davvero fosse mononucleosi, come teme qualcuno, allora guai doppi. La Cremascoli, come Proli, non è uscita dal Forum pensando positivo su chi lavora nella sua azienda basket. Un tormento. Certo Trinchieri ha ammesso almeno di essere stato il primo colpevole per quella Foxtown che non era davvero squadra di volpi, ma il problema è più grande se i muri hanno orecchie e non tutto era silenzio come può succedere dopo sconfitte gravi.

La seconda giornata di coppa non ha trovato tribune pienissime, ma Brindisi e Sassari hanno divertito, giocato da squadre libere di servo encomio verso la grande arena, il grande avvenimento. Sacchetti senza la valvola di sfogo Vanuzzo ci ha messo tanto per negare a Piero Bucchi, due coppe con Treviso e Napoli, il successo che avrebbe potuto riconciliare l’allenatore bolognese con il Forum da dove se ne è andato non proprio in trionfo nei giorni in cui al Proli serviva un Peterson da immolare sull’altare della stagione sfumata, con una squadra da rifare in blocco come poi è avvenuto, come avverrà sempre, almeno fino a quando non ci sarà l’umiltà di ammettere che i giocattoli possono anche essere difettosi,ma conoscendo mestiere  e materia si può sempre  rimediare, anche se è vero che l’ultima parola e correzione dovrebbe sempre spettare all’allenatore.

Brindisi neopromossa dimostra che dalla A2 sono nate squadre belle, società vere, così come la Sassari con il suo piano quinquennale che coinvolgerà Sacchetti fino al 2018. Esiste ancora chi ha voglia di programmare, sfidare, lavorare. Speriamo aiuti, speriamo possa essere un esempio. Per oggi chiudiamo qui, anche perché  nella presunta tribuna stampa del Forum, metà campo invisibile, fotografi addosso, rumori di fondo esagerati ed esasperati, è difficile lavorare. Brindisi aveva in mano l’anima di  Sassari, 7 punti, ma si è incartata davanti al salto che sembrava troppo alto, esordienti e semifinalisti. Gibson l’uomo dal braccio d’oro, Simmons l’incubo, 10 rimbalzi, 6 stoppate, ma  anche ragazzi venuti dal nulla come Formenti e Zerini hanno dato una mano a Viggiano, Robinson e Reynolds, mentre Fultz adesso sembra più maturo.  Ci ricorderemo di Brindisi che non ha fatto una gita, ma si è portata dietro qualcosa e ci ha lasciato qualcosa.

Sul resto al teatro della luna cestistica ci si sente per cinguettare, aspettando il lunedì delle riflessioni astiose e dolorose a cui non sfuggiranno arbitri che nella maggior parte dei casi hanno interpretato la designazione come un lasciapassare per farci credere che le partite le decidono loro. Soltanto dove l’incompetenza fa giurisdizione.

Oscar Eleni, 8 febbraio 2013

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