Una brutta sfilata di Armani

23 Settembre 2014 di Stefano Olivari

Giorgio Armani lo sa che la sua società di pallacanestro, salvata dal fallimento 6 anni fa e portata ai vertici italiani e ormai anche europei, rischia di fare una figuraccia, anche se indiretta? Poco male, se parlassimo di un dentista, un fruttivendolo o un giornalista, molto male per chi di immagine invece vive. La vicenda è nota ed è stata ben sintetizzata dall’Ansa prima che molti giornali e siti la riprendessero con vari tagli, dal cronachistico all’ironico, ma rigorosamente senza esprimere un’opinione (non sia mai). Onore all’Ansa. In pratica Giampiero Hruby, ex consulente dell’Armani (ed ex allenatore di varie squadre: a Desio, ma anche a Pesaro come vice di Scariolo), intesa come Olimpia, e attuale direttore-editore di Superbasket (tornato in edicola da poco, adesso è un mensile e l’inizio ci sembra buono) ha querelato il blogger Matteo Refini perché lo aveva definito nel suo blog Ioelolimpia ‘Menagramo di un menagramo’ (citazione de ‘Il secondo tragico Fantozzi’) in quanto a causa di questa nomea l’allora presidente Livio Proli lo avrebbe demansionato e Dan Peterson (anche lui consulente Olimpia, alla fine del suo ultimo urrà da coach dopo 23 anni e mezzo di inattività) avrebbe rescisso il contratto che aveva come manager (di Peterson stesso). A supporto di questa tesi una lettera di Proli e una mail di Peterson. Ma se Proli riesce mantenere una minima dignità, Peterson supera l’immaginabile sostenendo di essere preoccupato per la sua carriera (a 78 anni!) e la sua immagine, per l’accostamento a Hruby. Cosa che non gli impedisce però di firmare insieme a lui il nuovo Superbasket…

I pareri degli avvocati sono riportati dall’Ansa, la causa è sia civile che penale, noi abbiamo scritto una mail a Hruby chiedendogli un’intervista e lui cortesemente ha detto che preferisce aspettare il processo, quindi rinunciamo anche ad intervistare Refini (che magari si sarebbe negato anche lui per gli stessi motivi). In ogni caso non conosciamo personalmente nessuno dei due, quindi pensiamo di poter esprimere un parere da malati di basket ma al tempo stesso esterni alla sua parrocchietta (l’amico Gigi Garanzini sfotteva sempre noi ed Oscar Eleni, ai tempi della Voce, dicendo che la pallacanestro ha più giornalisti che tifosi) piena di odii fortissimi e dossier anonimi. Un parere basato su elementi di dominio pubblico, in attesa di chissà quali assi calati dalle due parti durante il processo.

Punto uno: l’antipatia di Hruby per Refini nasce da ben prima della citazione fantozziana, cioè da inchieste che il blogger aveva fatto sulla proprietà di alcuni siti web di basket, che attaccavano in maniera reiterata certi allenatori, dirigenti o giornalisti e ne esaltavano invece altri (Minucci, per dirne uno). Punto due: la richiesta di danni, 145.000 euro, e la discesa in campo di Proli e Peterson (cioè il presidente del primo scudetto dopo 18 anni e un monumento del basket italiano), sembrano spropositate rispetto a chi c’è dall’altra parte. Un blogger, con un sito seguito soltanto da qualche tifoso dell’Olimpia. Magari con inchieste ed analisi intelligenti, di sicuro non ‘il più importante portale della pallacanestro italiana’ indicato dai querelanti. Più che una querela sembra una manganellata, un avvertimento non solo a lui. Del resto in Italia le querele (parliamo in generale) hanno soprattutto la funzione di intimidire, non esistendo di fatto la possibilità di usare la controquerela per lite temeraria. Punto tre: ci sta tutto che Hruby sia risentito con Refini, ma non certo per la definizione fantozziana. Il giudice stabilirà torti e ragioni, pur non potendo entrare nel merito delle storie cestistiche sullo sfondo (dall’assurda alleanza politica Milano-Siena, criticata da tanti tifosi milanesi, a tante altre), magari riuscirà a stabilire se Hruby è stato demansionato per una definizione che nell’Italia del 2014 fa effetto solo a qualche vecchia vestita di nero o qualcuno di noi spettatori di Voyager. Troviamo invece imbarazzanti, ma per chi le ha scritte e per Armani che per il grande pubblico ci mette la faccia (anche se il club dalla vicenda è formalmente fuori), le frasi di Proli e Peterson. Punto quattro: un grandissimo merito dell’Armani e di Armani è quello di avere creato un pubblico nuovo per la pallacanestro, come confermato anche dal record di abbonamenti con quello battuto che risaliva agli anni Ottanta e con 8mila presenze anche in partite insulse. Il pubblico nuovo ha nel 99,9% dei casi meno senso critico dell’appassionato storico. La chiave della vicenda forse è tutta qui.

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