Brasile terzo mondo per sempre

5 Settembre 2013 di Igor Vazzaz

Il via è stato dato: nel paese che ha sviluppato e aggiornato (meglio di Microsoft e Apple messe insieme) mafia, camorra, ‘ndrangheta e Sacra Corona Unita (no, il glabro martire professionista del settore proprio non lo vogliamo citare) è partita la campagna che potremmo battezzare Brasile Terzo Mondo Brasile Paese Incivile. Vale a dire martellamento a tappeto di notizie, riprese, segnalazioni, su quanto o Pais Tropical sia popolato da delinquenti, la vita insicura e paccottaglia assortita, compresa l’accusa sempre pronta alla terrorista Dilma Rousseff per non “averci restituito” (a chi, a noi?) il collega Cesare Battisti.  Insomma, la più classica informazione all’italiana: pressapochismo, ignoranza dei fatti e spazio alle emozioni (evviva Studio Aperto).

Il caso più recente è quello di Gabriel de Oliveira Domingos Costa, classe ’95, giovane prospetto del Fluminense, una delle principali squadre di Rio de Janeiro. Il corpo del giovane volante del time tricolor risulta tuttora disperso a seguito d’una brutta faccenda di furti a mano armata e “presidio” del territorio da parte della malavita locale. A esser sinceri, si fa presto a dire recente: i fatti risalgono al 16 maggio, quando il giovane calciatore, assieme a due minorenni un fratello e un amico, rispettivamente 15 e 16 anni), ruba un’autovettura nei pressi di Nova Iguaçu, città alle porte della metropoli carioca.

A seguito del furto, il boss locale, tale Lico, che gestisce il traffico di droga nell’area di Parque São Francisco, seguendo la consuetudine di scongiurare ogni tipo di reato nelle zone controllate evitando sconvenienti ricognizioni poliziesche, pensa di “risolvere il problema” in modo esemplare e dà mandato a due sicari, Marcelo Dino da Silva, detto o Astronauta, e Douglas Ventura da Conceição, alias 01 (25 e 22 anni) di trovare l’atleta e “punirlo”. Di lì, l’uccisione per squartamento e la sparizione del corpo del ragazzo, probabilmente gettato in un fiume. La stampa italiana, comprensibilmente, tace, derubricando il fatto a cronaca nera estera, ambito in cui, purtroppo, eventi di tale efferatezza, specie se si considera il mondo come area d’indagine, sono all’ordine del giorno.

Coerenza giornalistica vorrebbe dunque che dopo la cattura da parte delle forze dell’ordine carioca dei due esecutori dell’omicidio, la notizia fosse trattata con lo stesso rilievo di quella della sparizione del giovane. Illusi: ildiktat è, appunto, Brasile Incivile, quanto siamo evoluti noi (in effetti la polizia che – quasi- non entra nei quartieri a rischio mica esiste in Italia, così come le trucidazioni mafiose) e commenti a corredo in stile “Signora mia, robe dell’altro mondo“, prendendosela, al limite, con il Kabobo di turno ché il nemico è sempre l’altro, nella più evidente brutalizzazione della complessità. Lo schema è quello del tifo, i campioni siamo noi, ma chi cazzo siete voi?, applicato a qualsiasi porzione di reale, dalla storia (ah, ma l’Impero Romano…) al calcio (Totti pallone d’oro), dalla politica (Mussolini miglior statista del secolo) all’arte.

Cosa vogliamo dire: che il Brasile sia la culla della civiltà? Nient’affatto: è un paese gigantesco, difficile (non per principianti, secondo la brillante definizione diAntonio Carlos Jobim), violento e problematico, ma, di certo, non arretrato al punto da poterlo guardare dall’alto in basso. Nel dicembre 2011, quando ci hanno voluto imparare il significato del termine spread, in piena crisi dell’ultimo governo Berlusconi, è stato proprio il Brasile a offrirsi di comprare parte del debito italiano, operazione non andata in porto, ma che dovrebbe suggerire ai nostri numerosi “prigionieri del Novecento (categoria sulla quale vi sarebbe da riflettere a fondo) che i tempi sono cambiati e che il mondo, per esser letto, richiede nuovi e aggiornati paradigmi. E non semplicemente perché “questi hanno i soldi”, ma perché non c’è nessun motivo di credersi “migliori”, con buona pace delle esportazioni di democrazia su carta patinata e carne umana di cui ci gloriamo tanto e che, tra poco, ci faranno di nuovo ballare.

Igor Vazzaz (per gentile concessione dell’autore, fonte: ReLoco Sport)

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