Cos’è un bond perpetuo?

14 Marzo 2019 di Indiscreto

Che cos’è un bond perpetuo? Dopo il collocamento del prodotto Unicredit la domanda è d’attualità e dai bar dell’economia si è allargata ai bar veri: una rendita a vita del 7,5% è a prima vista qualcosa di molto interessante, in un’epoca in cui un BTP ventennale si piazza al 3,35%. Per non parlare di scadenze più ravvicinate, tipo i 3 anni, per cui bisogna accontentarsi della zona 1%. Il bond perpetuo altro non è che un’obbligazione, in questo caso emessa da Unicredit ma di solito buttata sul mercato da stati o entità pubbliche, che non ha scadenza. E che quindi, dal punto di vista dell’investitore, potrebbe non venire mai rimborsata dall’emittente: in questa ipotesi l’unico modo per rientrare in possesso del capitale iniziale o di parte di esso è vendere questo bond sul mercato. Chiaramente perdendoci se i tassi sono saliti rispetto al momento della sottoscrizione, o guadagnandoci nel caso contrario.

L’obbligazione è perpetual solo da un lato, però, perché ogni prodotto di questo tipo prevede finestre per il rimborso, a discrezione dell’emittente che quindi valuterà secondo convenienza. Nel caso del prodotto Unicredit la prima finestra sarà nel giugno 2026, poi ce ne saranno a intervalli di cinque anni. Quindi di sicuro i sottoscrittori avranno per sette anni un rendimento del 7,5% lordo annuo. Chiedendoci cos’è un bond perpetuo non stiamo facendo i piazzisti perché tutti questi bond Unicredit sono andati esauriti ed in ogni caso erano rivolti soltanto ad investitori istituzionali, non certo a noi parco buoi. Raccolto un miliardo di euro, ma le richieste erano almeno quadruple. Evidentemente il premio al rischio è stato ritenuto interessante, soprattutto all’estero (dall’Italia solo il 9% delle sottoscrizioni).

Questi i fatti e le definizioni da compitino, adesso la nostra non richiesta opinione di umili lettori (Del resto Indiscreto è nostro, non è che dobbiamo chiedere il permesso). A prima vista il rendimento di questo perpetual è stra-interessante: i migliori, ma proprio i migliori, fondi di investimento obbligazionari corporate espressi in euro stanno rendendo poco più del 3% annuo. Perché, potendolo fare (e non era il caso di Unicredit, ripetiamo) non investire in un bel perpetual? Piccolo calcolo: 100 diviso 7,5 fa 13,3, quindi occorrono quasi 14 anni per ritornare in possesso almeno del capitale iniziale. Facciamo 20, tenendo conto del potere d’acquisto. E sempre che l’emittente non fallisca. Nel 2039 esisterà ancora Unicredit, il cui rating (dei titoli) secondo Fitch è B+? Pensiamo di sì, ma non è questo il punto ed in ogni caso possono fallire anche gli stati.

Due anni fa l’Argentina ha piazzato un bond a 100 anni (scadenza 2117!), quindi assimilabile a un perpetual, al 7,125%: e stiamo parlando di un paese che è andato in default sette volte nella sua storia, di cui due in tempi recenti (2001 e 2014), anche se poi alcuni debiti sono stati soltanto ‘ristrutturati’ e in certi casi il valore nominale dei bond è stato rimborsato. Il punto è secondo noi che la gente, quella che solo in Italia tiene 1.371 miliardi di euro fermi sui conti correnti in attesa che gli vengano rubati, è alla ricerca di rendimenti apparentemente sicuri e che questa cosa del perpetual, se messa giù bene e mirata alla clientela retail (ci arriveremo), può far separare tante persone dai propri soldi legittimando un super schema Ponzi di lungo periodo. Detto questo, nel caso Unicredit se ne avessimo avuto la possibilità avremmo comprato, non siamo a Weimar e i tassi in ogni caso si muovono lentamente: disfarsi di un bond del genere non dovrebbe essere un’impresa.

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