Bisogna rimpiangere De Mita?

26 Maggio 2022 di Stefano Olivari

Ciriaco De Mita è morto, alla bella età di 94 anni. Non aveva mai abbandonato la politica attiva, tanto è vero che fino a stamattina era il sindaco della sua Nusco, ma non c’è dubbio che pochi come lui siano identificabili con la Prima Repubblica, quella spazzata via (a partire dalla DC e dal PSI) dalla magistratura e dalle elezioni del 1994. Fra i mille incarichi, De Mita fu soprattutto il segretario della Democrazia Cristiana dal 1982 al 1989 e per un anno anche presidente del Consiglio.

Al netto della nostalgia per i bei tempi in cui eravamo tutti più giovani, che di recente ha dato il suo peggio anche con il centenario della nascita di Berlinguer, Ciriaco De Mita è stato l’emblema non solo del clientelismo, a suoi tempi una scienza esatta in quasi tutti i partiti, ma anche di un superpartito della spesa pubblica che negli anni Ottanta zavorrò l’Italia, con conseguenze economiche e di sovranità che paghiamo ancora oggi. Una politica deteriore di cui la DC era il motore, ma approvata da tutti gli altri e anche dall’opposizione, e che si saldò alla decisione di Andreatta e Ciampi, nel 1981, di non monetizzare più il debito pubblico, con la Banca d’Italia non più prestatore di ultima istanza.

Per farla breve: il debito pubblico nel 1980 era il 57,7% del PIL e nel 1994 sarebbe diventato il 124,3%. Determinato dalla spesa pubblica e dagli assurdi interessi pagati sul debito, all’inizio degli anni Novanta quasi il triplo rispetto alle media dell’Unione Europea. Dopo avere toccato il 109,3% nel 2007 (al governo Prodi) è risalito, ora è al 150,4%, con un’accelerazione nel biennio Covid. Ma le basi di questo cappio furono messe anche dal demitismo, in cui incredibilmente Eugenio Scalfari vide una carica innovativa.

La sinistra DC intercettò un’Italia profonda, in prevalenza meridionale ma rappresentata anche al Nord (alle Europee del 1989 ottenne più del 33% nella circoscrizione Nord-Orientale), per cui in fondo lo Stato non eravamo noi ma sempre qualcun altro. Che poi i democristiani si presentassero nella media meglio dei 5 Stelle, e con un italiano migliore (tasto nostalgia: nella Prima Repubblica l’ignoranza esisteva ma non era motivo di vanto), è un altro discorso. Bisogna rimpiangere De Mita, inteso come politico? No.

Su quel modo di gestire il potere le parole più lucide furono dette da un calciatore, Maurizio Montesi (più famoso come unico non di destra nello spogliatoio della Lazio anni Settanta), che nella famosa intervista a Lotta Continua ai tempi in cui giocava nell’Avellino di Rino Marchesi citò proprio De Mita, tifoso dell’Avellino, come sintesi di tutti i mali della sua città.

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