Berlusconi non capiva

12 Febbraio 2014 di Italo Muti

Complottare oppure obbedire? Questo il grande dilemma, anche se c’è chi riesce a far coesistere le due azioni. Che l’uscita di Berlusconi da Palazzo Chigi fosse obbligata in quanto non conforme all’idem (non Josefa) sentire della livella internazionale, era quasi un’ovvietà, visto il suo non capire l’importanza delle giuste alleanze e del divenire del piano di conquista. Avere Gheddafi e Putin, due non allineati ai desideri dei membri dell’8 febbraio, come alleati e soci di affari petroliferi e collaterali, adesso persi o raffreddati, non andava bene per il disegno globale. Per cui le parti deboli furono sostituite o annientate, con beneficio dei cobelligeranti come la Francia che ci ha tolto dalle rotte libiche. Si vede che i ribelli libici, Hamas, Hollande, i primi che ci vengono in mente, sono davvero gente proba e densa di quell’humus umanitario a cui bisogna mirare come benchmark vitale.

La crisi borsistica entrò nel suo clou, estate 2011. Crisi strana perchè sia bond che azioni perdevano quota scatenando il panico, idem per i titoli di stato con l’innalzamento dello spread. Il primo tassello dello schock economico di Milton Friedman (non Alan) era servito su un piatto d’oro a speculatori e massoni plaudenti, che fecero affari d’oro sia su titoli che su indici, ovviamente con leve. Generali quotava 10,82 euro l’11 agosto 2011. Oppure, sempre lo stesso giorno, Banca Intesa a 1,5118 o il 13 settembre a 0,898. Guardate a quanto sono oggi e fate due conti. Le crisi sono sempre servite per piazzare gli uomini servilmente giusti nei posti che contano e fare cash: che implica acquisizione di potere, con un potentissimo kreislauf.

Il carrista incominciò, invece, a lavorare già da agosto 2011 per levare il vincitore delle elezioni da Palazzo Chigi, qundi gli ordini da Monness Crespi & Hardt partirono dopo 5 mesi dalla progettazione. A novembre media, aziende di rating, toghe verdi ed apparato istituzionale, arrivarono a compimento dell’operazione “uccidi culo flaccido” che per il disturbo ebbe il condono giudiziario e lasciò la porta aperta a Mario Monti. Il carrista, Mario Monti, Enrico Letta, Mario Draghi (anche lui), sono tutti in orbita compasso o Goldman Sachs. Pronti ad eseguire ordini, cedere sovranità e rendere inutile il voto. L’unico che non aveva capito era Bersani, ma ciò non sorprende molto.

Adesso il carrista potrebbe lasciare per Romano Prodi, colui che ci ha traghettato con un cambio infame nella delizia dell’euro, detto anche perdere potere d’acquisto della moneta ed essere felici. Il fatto che il sosia di Umberto II lasci è dettato dalla sua non appartenenza ai circoli finanziari massonici. E il suo diritto di nascita non è più sufficiente. Si devono recuperare gli scontenti Piddini, non proprio felici dell’ascesa renziana decisa comunque dall’alto. Arriverà Renzi, infine. Molti sono entusiasti. Altri probabilistici come Domenico Siniscalco, incontrato ad un evento di Morgan Stanley, con cui abbiamo scambiato due chiacchiere amichevoli.

Gli errori di Silvio? La sua ingenutà nel confessare agli altri capi di stato la sua perplessità sull’euro e la possibilità di uscirne. Quando invece, Ue, euro, Bce, Esm, sono le basi solide su cui si fonda la prima parte del piano ormai giunto alla conclusione. Chiedete, se volete, un consiglio a greci, portoghesi e spagnoli riguardo alla lungimiranza strategica delle politiche europee.

Italo Muti, in esclusiva per Indiscreto da una località dell’Engadina 
Dentro la finanza

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