logo

Calcio

Le due bandiere di Hitzfeld

Stefano Olivari 20/06/2014

article-post

Lunedì mattina, il giorno dopo la fortunosa ma meritata vittoria mondiale della Svizzera sull’Ecuador con il gol di Seferovic nel finale, ci trovavamo proprio in Svizzera e siamo rimasti sorpresi dalla quantità di bandiere rossocrociate esposte ai balconi, ai livelli da Italia po-po-po o addirittura di paesi ben più nazionalisti del nostro e della stessa Svizzera. Chissà cosa potrebbe accadere in caso di impresa con la Francia… Ma, arrivati al duecentesimo articolo sui ‘nuovi svizzeri’ (più di metà dei convocati di Hitzfeld ha nascita al di fuori della Confederazione, anche se tutti, e sottolineiamo tutti, e 23 sono davvero calcisticamente svizzeri e cresciuti in Svizzera, non tarocchi alla Paletta-Motta-Diego Costa, eccetera), ci ha colpito la grande quantità di bandiere anche di altre nazioni presenti al Mondiale, esposte presso abitazioni private. Tempo fa ci avevano detto dell’esistenza di una legge che imponeva in ogni caso l’esposizione (anche) della bandiera svizzera in casi simili, ma si trattava solo di una proposta mai diventata concreta come è logico in un paese con una tradizione liberale. E quindi i tanti balconi, a occhio il 90%, con la doppia bandiera (molto diffusa in Ticino l’accoppiata Portogallo-Svizzera) sono in un certo senso rappresentativi di integrazione vera. In altre parole: non ci dimentichiamo di essere nati in Algeria, ma se viviamo in Svizzera è perché in Algeria stavamo male (morivamo di fame, nella miglior delle ipotesi) e quindi rispettiamo, magari solo formalmente (ma è meglio di niente) il paese che ci ospita. Questione non di leggi federali o cantonali, quindi, ma di pressione e controllo sociale della gente comune. Niente di tutto ciò accade qualche decina di chilometri più a sud, dove l’identità nazionale è considerata zero e le energie identitarie vengono tutte convogliate su qualche idiozia di paese (un palio, una mostra su un pittore sconosciuto, un convegno su quel buonissimo formaggio) e nella migliore delle ipotesi su Prandelli. In un paese come la Svizzera in cui il 20% della popolazione è straniero (percentuale più che doppia rispetto all’Italia, per dire), senza stare a sottilizzare sulle varie gradazioni di ‘stranierità’, l’integrazione possibile è quella di diventare svizzeri o simil-svizzeri e non quella di imporre agli svizzeri usi e costumi (dal Corano alla ndrangheta) della propria terra d’origine. Questa della bandiera potrà sembrare una sciocchezza all’editorialista progressista da partito e pensiero unico, ma alla gente vera (quella che ha votato la persona Renzi e non un gruppo di passacarte di sezione, il concetto non sembra ancora chiaro a bersaniani, dalemiani, civatiani, eccetera) invece no. L’ambizione non dovrebbe quindi essere quella di diventare svizzeri, israeliani, americani, olandesi (per citare nazioni in cui ci piacerebbe essere nati), ma essere più italiani.

Potrebbe interessarti anche

  • preview

    Il Muro del Calcio 2024-25

    Lo spazio per i vostri e nostri interventi sullo sport più amato dagli italiani, quello dove tutti possono avere il loro quarto d’ora di competenza. O meglio, quasi tutti…

  • preview

    Soldato Mudryk

    La positività di Mudryk sta facendo di nuovo parlare del Meldonium, o Mildronate (è il nome del principio attivo), per uso sportivo dopo qualche caso celebre, Sharapova e Aregawi, e tanti meno celebri. Comunque quasi tutti riguardanti paesi della rimpianta, da chi non ci viveva, Unione Sovietica, come appunto l’Ucraina di Mudryk. I competenti sanno […]

  • preview

    La partita di Last Christmas

    I 40 anni di Last Christmas sono stati giustamente celebrati da tutti, non soltanto dai fan degli Wham! o di George Michael ma anche da chi nella storia di questa straordinaria canzone è entrato quasi per caso, come Saas-Fee (all’epoca senza trattino) che fu il teatro del celeberrimo video. Da anni i cultori di Last […]