Banchero senza progetti

28 Marzo 2022 di Oscar Eleni

Oscar Eleni davanti alle lucertole degli Emirati, ascoltando la musica che dà un senso ai colori della fontana nella Dubai che ci invita  a vedere il museo del futuro mentre celebra Frankie Dettori che a 51 anni fa ancora volare i suoi purosangue. Ordinando alla schiena, alle vene riottose, di non farci maledire la vecchiaia più di questi pazzi guerrafondai che si sputano addosso e parlano di trattare con le armi in mano, chiediamo ai ricchi sulle isole artificiali di brindare con noi alla vecchiaia che non deve essere male se la porti come questo fantino milanese, se la indossi come l’allenatore settantacinquenne di Duke, se la fai dimenticare parlando davvero al cuore, come Papa Bergoglio, alla dignità, come il presidente Mattarella.

Tutti campioni dell’esistenza che hanno letto bene Cicerone, gente che ci dà l’illusione di potercela fare anche se non hai più denti in bocca e intorno si celebra più la morte che la vita presa a calci come la dignità da chi specula su tutto, arricchendosi, mandando a letto senza cena troppa gente pur di avere in tavola il caviale e lo champagne. Lo pensiamo e lo diciamo anche davanti alla Burj Khalifa, una torre di 830 metri, 500 più della Eiffel, che certo non è stata costruita senza il tormento di chi ci lavorava, come negli stadi del mondiale di calcio, come nelle Piramidi.

Quando ci stavamo avvilendo per la primavera di bruttezza servita con aceto dalla nazionale italiana di calcio, dolore per tutti, meno per quello che le ha scommesso contro, giocandosela meglio certo dei giocatori di Mancini, guadagnandosi un discreto vitalizio, ecco la rivolta in piena senectute. Parole per chi deve dirle, imprese per chi può ancora farle. Dettori appunto, il milanese del 1970, che a Dubai ricorda uno dei 39 gemellaggi di quella invenzione architettonica nel golfo Persico. Siamo felici per questo figlio d’arte che incontrammo a San Siro e ci stregò come fa con i suoi cavalli nel nome del principe saudita o della Regina. Come tanti italiani di valore la sua cometa lo ha portato lontano da casa, succede a molti, nell’arte, nella scienza, nella medicina, nello sport e a Dubai, con lui, ha trionfato anche De Muro.

Orgoglio nazionale tanto per distrarsi un po’, figurarsi se non saltavamo in groppa al cavallo guidato da coach K, il Mike Krzyzewski che a 75 anni ha portato i cestisti di Duke alle Final Four NCAA, la tredicesima per questo genio che a fine stagione farà come Terence Hill con Don Matteo: saluti e baci per la cosa più difficile del dopo, non fare più niente. Dicevamo dei diavoli blu, che ora hanno permesso al loro santone di superare nel marzo della pazzia cestistica più bella del mondo il grande John Wooden che di Final Four ne aveva raggiunte 12, anche se l’uomo di UCLA ha vinto più del pilota che il 2 aprile sfiderà i velenosi di North Carolina per andare in finale davanti ai 74 mila spettatori di New Orleans.

Vi spariamo numeri e cifre tanto per far capire, come tentano invano il mio ex direttore Sconcerti o Beccantini, che qui stiamo rovistando fra progetti spazzatura, facciamo giudicare giovani generazioni di allenatori, in troppi sport, da bulletti che a parole sembrano bravi, sempre con il sorriso di compatimento sulle labbra al cacao, ma poi se devono dimostrare fanno la figura della povera cagnolina cieca che inciampava e per questo è stata abbattuta.

Undici milioni per il premio in Dubai, milioni di dollari per Duke e le università dalla televisione mentre qui, nel basket, ad esempio, ci si azzanna per briciole, come dice il Ferrari, non alla guida di una storica col cavallino come fa nel tempo libero, ma della Brescia che nel basket del paese Italia ha raggiunto la dodicesima vittoria consecutiva, avendo creduto in un allenatore giovane ed esordiente anche dopo una partenza che avrebbe mandato in sollucchero i Cellino del sistema, quelli che quando licenziano un tecnico ci godono e mandano al massimo un fax come quel colletto sporco che ha lasciato a casa tanti padri di famiglia ed è riuscito pure a prendere sonno.

Ma torniamo al contorno azzurro che eccita come il processo alle sconfitte, anche se certi lutti si elaborano in fretta: Nazionale di calcio fuori dal Mondiale per la seconda volta nelle ultime smazzate? Maledetti gli sconfitti, ma checcefrega: avanti con la pesca sul mercato, esagerando con i prezzi, aprendo le porte all’impossibile per tenersi buono il tifoso e far crescere l’ansia a chi dovrà poi trattare con i venditori, quelli che oggi offrono l’asparago di qualità e domani ti dicono che è già svanito il profumo, grandi mal di pancia e bottega aperta come in casa Capuleti o Montecchi.

Ma torniamo all’azzurro. Giusto che si dia spazio a quel talento di Paolo Banchero, diciannovenne americano nato a Seattle, con passaporto italiano in ricordo del bisnonno genovese che dovette emigrare, gioia per gli occhi di Duke e di chi lo propone come prima scelta per la NBA visto che negli Stati Uniti puoi lasciare gli studi e andare a fare il professionista dopo il primo anno. Ora Banchero ha fatto cose stupende e tutti ne parlano, figurarsi Petrucci che lo sogna già in maglia  azzurra anche sapendo che se davvero sarà una prima scelta fra i professionisti difficilmente avrà i suoi canestri prima che la FIBA rimetta la nostra Nazionale fra le prime sei del mondo. Sappiamo già come vanno le cose, chiedere a Gallinari, Belinelli, persino a Bargnani.

Non importa. Qui si gode con poco, calcio e basket, poi, se ne fottono, se in campo vanno pochissimi nati nelle scuole nazionali, nei vivai. Voi credete davvero che nelle leghe ascoltino il gridolino di dolore di un Gravina o di un Petrucci per dimezzare la presenza di giocatori di altre scuole nei nostri campionati che quasi si devono svendere per essere visti oltre Chiasso? No, direte voi,  ci dicono che nessun paese al mondo ha preso a schiaffi la pandemia come il nostro eppure abbiamo ancora 7 milioni di non vaccinati, viviamo col terrore di non aver vinto un bel niente, aspettando il prossimo autunno-inverno col terrore perché ci manca la fantasia degli stilisti o di chi serve la pubblicità inserendo una bella risata in mezzo a chiacchiere fra gente fintamente in lutto solo per avere un voto e un pensione retrodata in più.

Maledicendo, come la Lega basket, il tilt del servizio informatico vi offriamo le pagelle per una giornata dove Armani e Virtus Segafredo sono rimaste avvinte ala loro edera miliardaria del primo posto, in cambio di una buona cura per tutte le malattie previste oltre i 60 anni, aspettando una carrozza per andare al memorial Calvesi del primo maggio.

10 A Tonino ZORZI, goriziano, classe 1935, grande giocatore, eccellente allenatore, uno da casa della gloria, perché quando ha sentito che l’allenatore di Duke, a 75 anni, è andato per la 13^ volta in finale nella NCAA, ha telefonato come grande Paron dei nostri canestri dicendo: vi ho detto che i vecchi hanno qualcosa in più.

9 Alla A2, vero serbatoio per un basket nazionale che era alla canna del gas prima che aumentasse il prezzo, per essere riuscita ad avere persino i risultati  sui presunti giornali sportivi. Hanno pazienza e anche qualche buona idea e poi come nel caso della vittoria di Cantù a Piacenza anche partite con 4 supplementari.

8 A DELLA VALLE, MOSS, BURNS, BROOKS che sembrano ricordare a chi li ha liquidati, come del resto CINCIARINI, che hanno  ancora qualcosa da dire, anche se è più facile farlo quando la palla in mano pesa meno.

7 Al FLACCADORI, vero balsamo della salute per il bravo Molin e di Trento tornata a vincere dopo lunga carestia, così come PETRUCELLI per il Magro dei record bresciani.

6 A BUSCAGLIA per aver  ridato a Napoli una giornata senza angosce, anche se restiamo sempre dell’idea che ce l’avrebbe fatta pure Sacripanti soprattutto se gli avessero preso GUDAITIS per dare respiro allo ZERINI che fa miracoli.

5 A GALBIATI se non va a cercare la strega che lo sta tormentando nel bosco di fondo classifica perché nel giorno in cui Cremona ritrova il successo perde due giocatori importanti come POETA e PECCHIA.

4 Alla STELLA AZZURRA se dovesse avvilirsi per il penultimo posto nel girone rosso della A2 perché l’impresa della sua giovanile a Patrasso dice che in quella società stanno comunque lavorando bene, cercando talenti dove ci sono e, purtroppo,  non molto spesso in Italia.

3 A TREVISO in rottura prolungata dopo la bellissima prima parte della stagione. MENETTI sta scoprendo la miccia corta in un gruppo dove, però, vince la dignità, se pure in emergenza si lascia a casa per indisciplina un giocatore. Questo varrebbe un 9 come lezione per chi, invece, sopporta di tutto da giocatori anche mediocri.

2 A DE RAFFAELE, bravissimo nel dedicare la vittoria, dopo tante amarezze, al  sindaco Brugnaro, anima del grande progetto Reyer, ma nella gioia per un successo trovato in mezzo ai rovi dovrebbe anche far sapere  a certi suoi giocatori che c’è un posto sul primo vaporetto arenato per mancanza di acqua, dove c’è bisogno di braccia per uscire dalla secca.

1 A BRESCIA perché è stata l’unica squadra a vincere in trasferta facendoci venire il dubbio che come succede spesso  le tutele vanno a chi ha almeno l’appoggio del pubblico  e non soltanto degli avversari come potrebbe dire il povero CIANI per la Trieste caduta a Trento dove i “bomber” hanno rifiutato l’ultimo tiro mettendo nei guai quello rimasto col cerino in mano tipo Delia.

0 A SACCHETTI e PETRUCCI se non diranno subito che la salvezza e il rilancio della Nazionale non dipendono dalle decisioni degli agenti di BANCHERO. Diteci che avete in tasca qualche progetto più interessante. Un messaggio utile per non credere sempre alla fata Turchina.

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