Badanti dell’Ucraina

25 Febbraio 2014 di Italo Muti

Specchio specchio delle mie brame, chi è l’impostore nella contesa Ucraina? I media italiani, forse rintronati dal vuoto pneumatico di Renzi ma di sicuro con le direttive di sempre, hanno presentato la vicenda con il solito schema: presidente-dittatore cattivo contro piazza buona e dalla protesta genuina. Le famose rivoluzioni di Twitter, il social network che trasforma ogni esagitato in Silvio Pellico. Ma c’è davvero qualcuno che crede che la ribellione ucraina sia stato un moto spontaneo per volere entrare nell’Unione Europea? Davvero si può pensare che la gente si ribelli per poter usufuire del Mes, del fiscal compact, del decremento del potere d’acquisto causa il cambio con l’euro? Allora bastava mandare qualche cittadino italiano per spiegare qualche aspetto interessante dell’euro affaire in salsa compassata, con manuale per il suicidio ordinato edito da Livella Editori, per raffreddare un po’ gli animi, se le ragioni europee fossero vere. Cartelli con scritto ‘O Draghi o morte’, ‘Vogliamo essere grecizzati’ e ‘Prelevate forzosamente dai nostri conti correnti’ non li abbiamo visti, ma dettagli interessanti, volendo, si potevano scorgere.

Il fatto che l’Ucraina sia confinante con il gigante russo e che, Vladimir Putin, sia di gran lunga, un vero e proprio ostacolo puntuto sulla via della conquista del simpatico gruppo 8 febbraio, sono già un bagno di raziocinio. Se poi volessimo andare a parlare di genesi bisognerebbe partire dalla Siria, dove ‘Obamacare’, da gran principiante, pensava di poter annullare e democraticamente eliminare Assad come un Gheddafi qualsiasi, senza pensare che la Russia mai e poi mai avrebbe mollato Damasco, sapendo che il passo seguente sarebbe stato Teheran. Alla fine, oltre allo stallo della guerra, ci sono stati anche gli schiaffoni putiniani forniti da due lanciamissili e un antisommergibili della flotta russa che hanno fatto fare la figura del coniglio bagnato al presidente americano che non ha gradito per nulla, rimediando un’altra figuraccia internazionale, prendendo il Carter Path nella percezione popolare a stelle e strisce. E pensare che il secondo mandato dato al Nobel preventivo, senza più problemi di rielezione, secondo qualcuno avrebbe dovuto trasformarlo in uno statista. Invece eccolo, riorganizzate le poche idee rimaste e conscio degli sguardi sempre più dubbiosi e spazientiti dei suoi padroni, partire in questa nuova strada a senso unico con un muro di cemento che solingo si nota verso la fine.

Il fatto che le fila dei manifestanti fossero guidate sapientemente da due elementi del Mossad, e che, fra i duri di Pravi sektor e Spilna prava fossero arrivati volontari bielorussi, serbi e polacchi, la dice lunga di quanto localismo ci fosse. Su Yulia Tymoshenko, che sta già introducendo i suoi fedelissimi nei gangli di uno stato sempre più diviso, c’è poco da dire, tranne che aveva già tentato l’avventura politica nell’epoca sovietica, e che dirigendo svariate compagnie di energia acquisì un notevole patrimonio economico tra il 1990 e il 1998. Durante le privatizzzazioni, per esempio divenne ricchissima esportando metalli, mentre dal 1995 al 1997 presiedette la Compagnia generale di energia, che importa gas dalla Russia dal 1996. Chiamarla eroina è ironico suo malgrado e decisamente inesatto. Diciamo che si diverte con il potere invece che con i meno pericolosi Chelsea o Brooklyn Nets, avendo come avversari personaggi della sua razza.

Restano le mosse ancora in erba di Putin che ha stretto le fila in Crimea, soprattutto a Sebastopoli dove ci sono le basi della flotta, e nell’est, dove i russofoni sono la maggioranza. Tra le altre cose, proprio questa parte geografica è quella più ricca, cosa importante in uno stato prossimo al default (ma in Europa c’è posto per tutti, si sa). L’aver lasciato l’inerzia delle mosse ai rivoltosi si è ritorto contro loro stessi perché Putin, adesso, potrà giostrare le cose per arrivare ad una secessione che lascerebbe i filo europei con debiti e nulla più visto che la concentrazione della ricchezza è nelle mani dei filo russi, Crimea compresa, che non avrebbero problemi a ritornare nella grande madre Russia. Se fosse necessario, è difficile dubitare che il Vladimir post-Sochi non userebbe la forza per non avere nemici ad un passo da casa e stare one step up rispetto ad un Obama sempre più ingrigito e poco avvezzo alle tecniche geopolitiche del fu Kgb. Gli avidi compassati d’Europa, grandi famiglie e loro cortigiani, vorrebbero insomma diventare badanti anche dell’Ucraina. Ma non dappertutto trovano gente disposta a commercializzare la propria identità e la propria storia.

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