Assolo

22 Gennaio 2016 di Stefano Olivari

Senza fare classifiche di merito possiamo dire che esistono il cinema-cinema, il cinema per uomini, il cinema che per stare sulla notizia definiremmo per finocchi (cit. ) e quello per donne. In quest’ultima categoria incaselleremmo Assolo, la seconda opera firmata da Laura Morante come regista. È la storia di Flavia, interpretata dalla stessa Morante, e del suo senso di inadeguatezza, ingigantito dalla presunta sicurezza degli ‘altri’. Che tanto altri non sono: i suoi due ex mariti (interpretati da Francesco Pannofino e Gigio Alberti, forever Cedro) e le nuove mogli (Emanuela Grimalda, direttamente da Un medico in famigliae Carolina Crescentini), i suoi due figli e fidanzate (Eugenia Costantini, figlia della Morante nella vita), i colleghi troppo distanti o troppo appiccicosi (Marco Giallini), le amiche che se la prendono troppo (Angela Finocchiaro). A Flavia-Morante lo spirito di osservazione e i sogni non mancano, per la relativa gioia della sua psicoanalista (Piera Degli Esposti), alla quale si attacca in maniera ossessiva regalando al pubblico una delle scene più divertenti. Fra lei e gli altri umani c’è un muro, non a livello di comunicazione ma come capacità di accettarsi, per questo le parti meglio riuscite sono quelle con il cane trascurato dai vicini troppo presi da se stessi, insieme a quelle angoscianti della scuola guida. Flavia è una magnifica cinquantenne per noi spettatori, ai propri occhi è invece una donna insicura che si crede incapace di affrontare la vita come un assolo, osservando con ironia quelli che cercano di suonare insieme. In realtà si scopre che non ce la fanno mai davvero a suonare insieme, che ognuno è un’isola. La filosofia del film è molto forte, si avverte molta passione e al tempo stesso un’estraneità etica da Nanni Moretti giovane (paragone telefonato, essendo lei la vera icona femminile morettiana), peccato che in molti tratti il cinema romano prenda il sopravvento sul cinema: non che tutti gli attori siano nativi della capitale, ma li avremmo potuti vedere, magari anche tutti insieme, in un altro film italiano degli ultimi tempi (primo esempio che ci viene in mente è Ogni maledetto Natale, proprio con la Morante, Pannofino e Giallini) di quelli finanziati dal ministero e da qualche regione con i pochi soldi extra-sanità, magari (alzando il budget grazie all’ennesima banca) con Lo Cascio che fa il medico di sinistra ex sessantottino adesso imborghesito. È per questo che un film molto personale e forte scivola nell’estetica del carino, con gigioneggiamenti e battute che fanno a malapena sorridere. La Morante fa capire chiaramente cosa vuole trasmettere e cosa la angosci, ma forse nel prossimo film riuscirà a spiegarsi senza zavorra.

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