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Di qua o di là

Apple o Unione Europea?

Indiscreto 30/08/2016

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Con quale faccia l’Irlanda chiederà ad Apple di pagare 13 miliardi di euro di presunte tasse arretrate per il periodo 2003-2014, visto che la stessa Irlanda ha convinto Apple e tante altre aziende, negli ultimi 15 anni, a portare lì la loro sede legale? Le ha convinte non per la bellezza di Dublino, ma soltanto con tasse ridotte al minimo, in zona 1% e anche sotto. Per questo la trovata dell’Unione Europea, attraverso la commissaria Margrethe Vestager, potrebbe sembrare basata sull’unico presupposto che chi crea ricchezza e lavoro debba finanziare gli stati e le entità sovranazionali anche oltre gli obblighi di legge. L’impostazione ideologica del provvedimento l’ha spiegata la stessa Vestager: “L’obiettivo è che tutte le compagnie, grandi e piccole, paghino le tasse dove generano i loro profitti”. Non staremmo quindi parlando di evasione fiscale in senso stretto, ma di un’azienda che mette la sua sede dove le conviene.

La cosa fantastica della vicenda è che la stessa Irlanda, che dovrebbe raccogliere i 13 miliardi per poi distribuirli non si sa con quali criteri, si è schierata contro il provvedimento con il suo ministro delle finanze Michael Noonan (del Fine Gael, quindi centro-destra). La questione di principio la vediamo così, mentre in concreto ci sembra che l’Irlanda ed Apple abbiano messo in atto una sorta di truffa ai danni di aziende concorrenti di Apple che realmente fanno parte dell’Unione Europea. Con un meccanismo neppure troppo complesso i prodotti Apple risultano facenti capo a una casa madre irlandese e non americana, a cui vengono pagate royalties da parte di chi nei vari paesi effettivamente vende, godendo quindi di un doppio vantaggio: la produzione in culo ai lupi fatta da schiavi (il nostro iPhone è made in China) e la vendita nel ricco mercato europeo come se i prodotti Apple si fossero fiscalmente autoassemblati in magazzino di Cork. Una truffa ideologica alla luce del sole, perché non è che sui telefoni ci sia scritto il falso circa l’origine. Il vantaggio per l’Irlanda è occupazionale, fra il 25 e il 30% dei 20.000 dipendenti Apple in Europa è irlandese (facile previsione è che Apple brandirà questa arma del lavoro: con questo metro si potrebbe dire che la camorra crea in fondo più lavoro e più indotto di Apple), ma soprattutto di immagine: terra promessa di aziende leggere che possono avere un giorno la sede qui e un altro là.

E quindi? Secondo noi, ma tutto l’universo è secondo noi (ogni mille articoli bisogna precisarlo), la UE ha preso un provvedimento semigiusto, anche se non abbiamo idea della correttezza della cifra totale, per un motivo sbagliato. Il problema non è che si vada a vivere o lavorare dove si pagano meno tasse, non c’è alcuna nobiltà nel pagare le tasse ed è un dovere del cittadino (e ancor più dell’imprenditore) pagarne il meno possibile, ma che stati dell’Unione Europea si mettano in combutta con aziende extraeuropee (o della UE stessa) per imbrogliare altri stati dell’Unione Europea. In altre parole, non esiste che all’interno della UE ognuno faccia fiscalmente quello che gli pare quando in quasi tutti gli altri aspetti dell’economia le rigidità sono al massimo grado. Da perseguire sarebbe l’Irlanda, prima ancora di Apple. Faranno una Irlandexit? La questione è un po’ tecnica, con gli esperti divisi, e molto ideologica, quindi perfetta per il nostro ‘Di qua o di là’: Apple o Unione Europea?

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