Anche Michael non si discute, si ama

25 Gennaio 2013 di Stefano Olivari

Ogni tanto, ma proprio ogni tanto, ci capita di scrivere di argomenti che conosciamo in profondità. Non solo in senso wikipedistico, perché lì basta copiare, ma anche in quello di interiorizzazione nel corso degli anni, anzi decenni. Per questo non ci lasciamo sfuggire la notizia delle stroncature di parte della critica (New York Times su tutti) e delle minacce di alcun fan di Michael Jackson (riportate dal Telegraph) nei confronti di Randall Sullivan e del suo ‘Untouchable’. L’ennesima biografia del re del pop, tradotta in Italia con il titolo di ‘M.’ (editore Piemme), ma che diversamente dalle decine che l’hanno preceduta (ci siamo spinti fino a leggere quelle della sorella La Toya e della madre Katherine) ha il pregio di centrare l’analisi non sulla parte musicale della vita di Michael, che anche gli antipatizzanti conoscono, o su quella giudiziaria dove le versioni sono troppo di parte, ma su quella finanziaria e imprenditoriale. Dallo sganciamento dalla Motown alla contrattazione per gli show di This is it alla O2 Arena di Londra, passando per il geniale acquisto del catalogo dei Beatles (con Paul McCartney che non gliela ha mai perdonata) e tante altre storie sempre passate in secondo piano rispetto a canzoni e gossip. Le oltre 600 pagine di M. sono per jacksonologi appassionati, che nel rigoroso (se no ogni riga sarebbe stata da querela, oltretutto in un paese ad alto tasso di litigiosità giudiziaria come gli Stati Uniti) elenco di fatti del giornalista di Rolling Stone trovano anche qualcosa di inedito, ma non per  jacksoniani osservanti perché l’autore pur raccontandoli nel dettaglio (ed evidenziando la vita da truffatori di molti dei denuncianti) non si schiera in merito ai processi. Non solo, ma si dilunga sui rapporti di Jackson con mille medici, non tanto per le note vicende di chirurgia plastica, quanto per farsi prescrivere ogni tipo di tranquillanti e psicofarmaci. Causa prima della sua morte tre anni e mezzo fa, al di là dell’ultimo medico (Murray) rimasto con il cerino in mano. In definitiva pensiamo che il titolo inglese, Untouchable, sia fuorviante perchè in un mondo in cui le recensioni vengono fatte basandosi sulle quarte di copertina suggerisce che Michael (nella nostra testa è sempre Michael, non Michael Jackson) sia un specie di impunito quando invece è vero il contrario: qualunque cialtrone che l’abbia incrociato per almeno mezzo secondo gli ha fatto causa per i motivi più disparati, ricavandone come minimo pubblicità. Detto questo, non si capisce perché una biografia non possa essere critica. O purtroppo si capisce benissimo, visto che il 90% degli acquirenti di solito pretende il santino tipo fiction di RaiUno. Siamo i primi a capire che ‘Michael non si discute, si ama’, ore negli anni Ottanta di goffo moonwalk davanti allo specchio sono la nostra tessera del club, ma siamo sempre più intolleranti nei confronti dei fan di qualsiasi cosa.

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