Anni Ottanta

Mariposa chiude

Stefano Olivari 02/05/2020

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Mariposa è chiuso e non riaprirà più. Almeno questo è quanto scritto su Facebook dagli stessi responsabili dello storico negozio di dischi, che dopo lo stop in Porta Romana aveva tenuto vivo lo spazio presso la fermata della metropolitana di Duomo, punto di grandissimo passaggio e in cui tutti i milanesi minimamente interessati alla musica hanno in vita loro acquistato almeno un biglietto per concerti: noi personalmente, fra Porta Romana e Duomo, almeno 400… Chi non è rimasto incantato a guardare il cartellone dei concerti dei successivi mesi non potrà mai essere nostro amico. Cambiando pochi nomi, questo post potrebbe ovviamente essere scritto per qualsiasi città dell’Occidente.

Nel nostro caso la speranza è che si tratti di un momento di sconforto dopo settimane di chiusura forzata, che magari ci siano beghe fra soci da ricomporre e che alla fine Mariposa non chiuda, ma in ogni caso saltiamo subito la parte lacrimevole: quanti dischi, cd o vinili, abbiamo acquistato nell’ultimo anno? Ecco, l’analisi potrebbe finire qui, al di là della semispecializzazione sul metal di Mariposa che comunque ne faceva un punto di riferimento per questo mondo. E gli stessi biglietti dei concerti sono acquistabili online, non è che prendendoli in negozio ce li diano con le meravigliose grafiche di una volta. Insomma, nel 2020 un negozio di dischi se la passa anche peggio di un’edicola, con la beffa di trattare un prodotto come la musica che continua a piacere, anzi che piace più di prima.

Mariposa, corso di Porta Romana 115, è un nome ben stampato nelle teste dei milanesi cacciatori di biglietti più anziani, diciamo gente degli Ottanta e dei Novanta, insieme a Buscemi, Stradivarius, New Kary (poi Ricordi) la Voce del Padrone, Disco Club, Bonaparte Dischi, Transex, CLUP, CUEM, Rolling Stone, Merak, Psycho, Rasputin, le Messaggerie Musicali, Supporti Fonografici, la leggendaria edicola di Lampugnano, ed altri posti che in questo momento non ci vengono in mente. Di tutto questo non esiste più quasi niente e forse è giusto così: possiamo avere nostalgia delle carrozze a cavalli, ma non al punto di sostenere che andassero più veloci delle auto. Però che tristezza.

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