Addio cinema porno

10 Febbraio 2022 di Stefano Olivari

La morte di Luigi De Pedys e la chiusura del cinema Arlecchino, in via San Pietro all’Orto, a Milano, sono ottimi pretesti per l’ennesimo grido di dolore per le sale cinematografiche che scompaiono, variante delle librerie che chiudono e dei negozi di dischi che non ci sono più. Peccato che queste lamentele nostalgiche arrivino soprattutto da chi al cinema non va o va pochissimo da ben prima del biennio Covid, per non parlare delle altre attività.

Per i più giovani, o comunque per i non milanesi, diciamo che De Pedys è stato un famoso gestore di sale cinematografiche di ogni tipo, anche se è rimasto nella storia per avere aperto nel 1977 la prima sala ufficialmente a luci rosse in Italia, trasformando il suo Majestic in zona Porta Venezia. Quanto al centralissimo Arlecchino (che con il porno non c’entra), era rimasto uno dei pochi non multisala e comunque aveva una programmazione sempre di buonissimo livello, negli ultimi anni puntando anche sulla lingua originale.

Ma ovviamente è di cinema porno che volevamo parlare, non per citare i mille geniali titoli dei film ma per ricordare la brevità della loro stagione d’oro, che abbiamo intercettato per la coda visto che siamo diventati maggiorenni nel 1985. Si può anzi dire che dei cinema porno abbiamo vissuto soltanto il declino, iniziato con la diffusione delle videocassette VHS, e la morte decretata dal web. Anche se sparsa per l’Italia qualche sala esiste ancora, nel 2022, magari non pubblicizzata… Questo non toglie che per una quindicina di anni questi cinema abbiano raccolto spettatori di vario tipo, di solito gruppi di amici di sesso maschile ma a volte anche coppie o singoli particolarmente tristi.

Nella seconda metà degli anni Ottanta non era raro che prima di un esame o di un appuntamento importante si andasse a scaricare la tensione in questi ambienti che di peccaminoso avevano poco ma che consentivano con pochi soldi di passare una serata divertente. Certo non erano ambienti dove portare una ragazza al primo appuntamento, e nemmeno al ventesimo, e quelle poltroncine non erano esattamente sanificate, ma i cinema porno erano la versione popolare di ciò che i club maschili erano (e sono, vedere il caso Aniene) per gente di ceto più elevato.

Prima dell’esame di maturità una capatina al Magenta di via Raffaello Sanzio 23 era diventata di grande moda, ma ogni zona di Milano e d’Italia aveva il suo punto di riferimento. Da La Fenice di viale Bligny al Nuovo Ideal di Corso Lodi, dall’Aurora Pussycat di via Paolo Sarpi al Tiziano di via Cassiodoro, dall’Impero di via Vitruvio al citato Majestic di via Lambro a tanti altri. Chi conserva vecchi giornali può effettuare una facile ricerca, ma a memoria solo fra le mura cittadine i cinema porno erano quasi una trentina. A Varese, città da noi molto amata, nella centralissima Piazza Monte Grappa era obbligatoria una visita al Lyceum (che a suo modo era davvero una scuola), dove di recente siamo tornati: è diventato un bar ed è giusto così.

Questo per dire che il passato è passato, ogni cosa assume un senso soltanto nel proprio tempo. I nostri discendenti rideranno delle code che facevamo per vedere film che in televisione ci farebbero cambiare canale dopo 5 secondi, dopo battaglie per parcheggiare l’auto, e dover sopportare la vicinanza di sconosciuti che tossivano o mangiavano patatine (o facevano altro). Il cinema non sta certo morendo, come forma espressiva, anzi ci sembra attualmente più vivo delle serie, ma l’andare al cinema sì.

Con questo non vogliamo dire che siamo felici della chiusura delle sale cinematografiche, anzi continuiamo ad andare in quelle rimaste in vita perché chi va al cinema è uno di noi, qualsiasi cosa voglia dire, e chi passa il sabato pomeriggio in un negozio monomarca uguale a mille altri invece no. Però il tempo non si può fermare.

Share this article