A scatola chiusa

21 Luglio 2008 di Stefano Olivari

Mauro: “Hai visto la nuova maglia dell’Arsenal”?
Luca: ”No. Ma l’hanno già presentata”?
Mauro: ”Più che altro avevano già cominciato a venderla su internet prima di presentarla. Come quella dell’Inter, d’altra parte. Per quindici giorni sul sito sono apparsi Materazzi ed Ibra che indossavano una maglia virtuale tutta nera che si poteva acquistare sulla fiducia”.
Luca: “E com’è quella dell’Arsenal”?

M: ”Hanno tolto le maniche bianche e hanno messo una grossa riga bianca sulla spalla”.
L: ”Non ci credo! Ma che senso ha? La maglia dell’Arsenal deve avere le maniche bianche. E’ un marchio di fabbrica. Fu addirittura il mitico Chapman a introdurre la divisa con maniche bianche, dopo che rimase positivamente colpito guardando un golfista che giocava in camicia bianca con sopra un gilerino rosso. Non riesco a capire perché ogni anno i club si ostinino a cambiare e cercare l’originalità a tutti i costi”.

M. ”Infatti. Invece di seguire e rispettare la tradizione si inventano maglie improbabili. D’altra parte i colori di una maglia non sono più un veicolo di tradizione, ma sono diventati un veicolo di consumo. Una merce qualsiasi”.
L: ”Possibile che non capiscano che la passione si alimenta con la tradizione che alimenta a sua volta il senso di appartenenza? Non oso immaginare Nick Hornby in questo momento…….”

M: ”Già. Proprio lui che ha descritto così bene il significato dell’identificazione con il proprio club e che adesso si ritrova la propria squadra che indossa una maglietta simile a quella dello United!”
L: ”I colori di una squadra sono importanti e spesso sono legati a doppio filo alla fondazione del club stesso. Pensa al Penarol che porta i colori della Locomotiva Rockets in ricordo delle ferrovie inglesi. O all’Atletico Madrid che porta gli stessi colori dell’Athletic Bilbao di cui era nata come succursale nella capitale spagnola”

M: ”O magari i colori sono legati a scelte del tutto casuali. Mi viene in mente il lavaggio sbagliato delle maglie biancorosse della Fiorentina che sotto il sole si erano scolorite e diventando viola. O alle maglie del Notts County che sono state spedite per sbaglio a Torino e sono diventate forzatamente il simbolo della Juventus”
L: ”E’ vero. Ci sono storie bellissime e aneddoti davvero curiosi legate ai colori di una squadra di calcio. Incredibile è la scelta del Boca Juniors, che indossa il blu e il giallo per puro caso. La storia racconta che i fondatori, assolutamente in disaccordo sui colori da indossare, avessero deciso di dare al nuovo club i colori della prima bandiera della prima nave che fosse entrata nel porto. Ed ecco comparire per prima una bandiera svedese”

M: ”E poi non è solo una questione di colori. Te lo immagini il Celtic con le righe verticali? Eppure le società riescono a stravolgere persino la propria storia. Per non parlare delle seconde maglie. Qui avvengono vere e proprie speculazioni commerciali. Maglie orribili che la squadra indosserà si e no tre volte in una stagione e spacciate per un omaggio alla modernità.”
L: ”E pensare che c’è gente che ha cominciato a tifare per una squadra solo ed esclusivamente per la maglia. Conosco sampdoriani che ammettono di essersi innamorati della maglia ancor prima di sapere chi fossero i giocatori. In effetti devo ammettere che quella della Samp è una delle divise più originali che siano state inventate”

M: ”Sono d’accordo. Anche se io in assoluto preferisco quella del River Plate.”
L: ”Secondo me invece il picco è stato raggiunto dalle divise che indossava la Nazionale olandese negli anni ’70, senza trascurare le maglie del Milan nello stesso decennio e la splendida divisa del Dukla Praga!”
M: ”E non dimentichiamo il mio Tottenham. Che ne dici della divisa della doppietta campionato-coppa d’Inghilterra del 1961? Oppure la maglia del West Ham…”
L: ”Che poi è uguale a quella dell’Aston Villa”
M: ”Eh no per carità! Non fare questo erroraccio! Il West Ham ha i calzettoni bianchi. L’Aston Villa azzurri. Non ti ricordi il Subbuteo?”
L: ”Già, è vero. Come quelli che sbagliavano i calzoncini della Juventus e del Newcastle. Rigorosamente bianchi i primi e neri i secondi. E che diamine!”

M: ”Appunto. Ecco cos’è la tradizione. Cosa significa la maglia per un vero tifoso. Il rispetto della propria identità si manifesta anche in questi APPARENTEMENTE piccoli particolari”
L: ”Ma cosa vuoi che interessi alle grandi squadre? Tu guarda solo le patacche che appiccicano sulla maglia”
M: ”Già, gli sponsor. Certo, quelli hanno dato il colpo di grazia. Persino il Barcellona ha svenduto la sua sacra maglietta granata e blu. All’Unicef, certo. Ma quella maglietta non è più la stessa cosa. Una maglia senza sponsor ha decisamente un’altra immagine. Speriamo non si arrivi alle aberrazioni di certe magliette francesi in cui erano tanti gli sponsor colorati che si faceva fatica a riconoscere il colore originale. In alcune squadre del Nord Europa addirittura, c’erano scritte sui calzoncini e sui calzettoni”!
L: ”Le uniche che per ora sembrano salvarsi sono le Nazionali……”.

M: ”Speriamo. Ma credo che prima o poi da qualche parte comparirà anche la scritta di nua ditta di prosciutti o di pannolini anche su quelle. Pensa al rugby. Lì ormai il salto è stato fatto e le Nazionali sono scese al compromesso di sporcare la maglietta. E il risultato non è certo esaltante”
L: ”Come al solito ci siamo ridotti a fare i soliti patetici, vecchi romantici. Stiamo invecchiando, amico mio. Pensa che a me l’unica maglietta che interesserebbe avere sarebbe quella di Hateley, oppure quella dello Squalo Jordan. Quella che magari ha indossato nella sua prima partita a San Siro, col Pescara in Coppa Italia nel 1981……..”.
M: ”Mia mamma invece sulla mia maglietta dell’Inter mi aveva cucito un bel numero otto bianco, quello che indossava Mazzola. Si stiamo proprio invecchiando…”

Luca Ferrato
ferratoluca@hotmail.com
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