A cena con Daly

8 Ottobre 2008 di Stefano Olivari

Ormai lo guardiamo come se fosse un’attrazione da circo, un fenomeno da barracone. Ci aspettiamo il peggio da lui, sempre. Stupisce ad ogni occasione e mai in positivo. Passi per le droghe, le sbronze, i soldi persi con le scommesse (60 milioni di dollari, se potete immaginare una cifra simile), per la moglie (la quarta) in prigione per spaccio, passi per la stessa Sherrie Daly accusata di averli rubato il telefonino da 500 dollari, alla fin fine ognuno vive come gli pare. Ma almeno sul green lo volevamo sobrio, tenace, grintoso. Nulla di tutto questo. Una figuraccia dopo l’altra, un veloce decadimento fisico e tecnico, insomma un disastro sportivo e anche economico, visto che gli sponsor lo hanno abbandonato. Grasso, bullo, indolente, svogliato: non a caso ha perso il diritto di giocare nel tour americano e per il prossimo anno pensa seriamente di partecipare al tour europeo, una specie di Coppa Uefa rispetto alla Champions League. Eppure ogni tanto ci illude, promettendo di tornare quello che vinceva i major. Forse non accadrà mai più, ma provate ad immaginare cosa succederebbe se fra un anno lottasse per l’US Open, un po’ com’é successo a Rocco Mediate, arrivato al playoff con Tiger. Sarebbe un’audience da record assoluto, l’uomo bionico contro l’uomo maledetto. La gente, gli americani, anzi l’americano medio tiferebbe per lui; ci si riconosce, in qualche modo. A onor del vero ci fu un periodo, fra il 2004 e 2005, quando il suo gioco ritrovò brillantezza e costanza. Poi di nuovo sbornie, litigi, malavoglia, il che aveva portato anche alla rottura con il suo coach, il famoso Butch Harmon. “Pensa solo a bere ed a socializzare invece che lavorare”, disse Butch, abbandonando l’incarico. Va detto che il fattaccio che mise la parola fine al loro rapporto accadde nel marzo scorso, al PODS Championship, quando Daly, approfittando di una pausa dovuta alla pioggia, ha pensato bene di farsi qualche goccetto. L’episodio che però ha definitivamente messo fuori gioco il nostro personaggio é stato l’infortunio subìto all’Honda Classic, l’anno scorso. Una situazione pazzesca: Daly stava per colpire, preparandosi per lo swing, quando si rende conto che una signora scatta una foto. John prova a fermarsi, infastidito, ma nell’intento si rovina la spalla, il muscolo dello stomaco e un paio di costole. Game over, praticamente carriera finita o quasi. Dice, ammareggiato: “L’infortunio all’Honda Classic mi ha distrutto. La signora che ha scattato la foto non ha idea del male che mi ha fatto. Per via di quell’infortunio ho perso tantissimi contratti di sponsorizzazione, non sono stato in grado di onorarli”. Ora cerca di tornare protagonista con un’idea originale, un misto di furbizia e ipocrisia, niente di diverso rispetto a tantissime altre iniziative: al British Open dell’anno prossimo metterà in palio dei premi che daranno la possibilità di stare assieme a lui e ad altri partecipanti, di entrare ovunque, tranne che negli spogliatoi. “Potranno volare assieme a me, abitare nella mia stessa villa, perfino giocare sul campo dell’Open. In quanto ex vincitore ho qualche agevolazione, posso avere qualche pass, così da soddisfare le loro curiosità. Potranno guardare da vicino come mi alleno, per capire quanto sia dura. Andremo assieme a cena, così racconterò loro qualcosa sulla mia tribolata vita”. Non male come idea, vero? A chi lo accusa di perdere la concentrazione nel caso passasse troppo tempo con gli ospiti, John risponde senza esitazioni: “Non vedo problemi. Staremo insieme soprattutto sabato, ovvero cinque giorni prima dell’inizio del torneo. Giocheranno con me il lunedì, coì che avrò tutto il tempo per prepararmi. Non ho dubbi, è una bella occasione perché riescano a capire le insidie di un torneo, dal vivo. Se guardi lo sport in tivù ti fai un’idea sbagliata, pure io sono tentato di chiedermi come mai un giocatore di football non sia in grado di fare quello e quell’altro. Facile dalla poltrona. In più mi pare un’ottima occasione perché la gente mi possa conoscere meglio, potranno chiedere della mia vita spericolata, racconterò la verità, non mi interessa fare la figura del santo. Poi nei giorni successivi potranno andare e visitare il paese, fare quello che vogliono, divertirsi”. Non c’é divertimento maggiore che stare assieme a John Daly.
Dominique Antognoni
dominiqueantognoni@yahoo.it (direttore del magazine Golf Life)
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