Inter, il ritorno morbido di Moratti

13 Aprile 2016 di Stefano Olivari

Non occorrevano doti divinatorie per prevedere, già tre anni fa, il ritorno di Massimo Moratti alla guida dell’Inter e nella nostra miseria l’avevamo anche scritto fra i frizzi e i lazzi dei finanzieri della domenica (ma tifosi da lunedì al sabato), quelli che ‘Goldman Sachs ci ha valutato un milione di miliardi, il marchio vale più di Coca Cola e Ferrari, presto saremo quotati a Hong Kong’. Nessuno si offenda, nemmeno l’amico Benefit che presto tornerà su Indiscreto, perché stiamo scherzando, il giornalismo non esiste più (siamo tutti giornalisti, no?), la comunicazione adesso è bidirezionale e poi come se fosse antani. Adesso comunque lo scenario si sta materializzando, in anticipo sui tempi: anche se va detto subito che non tornerà il Moratti di prima, pur ringalluzzito dai dividendi Saras.

Ma partiamo da Erick Thohir, del quale il nostro, il vostro, Dominique Antognoni aveva rivelato in anteprima (come avrete notato ci facciamo i complimenti da soli: il consenso non ci interessa) l’intenzione di sganciarsi da un’impresa rilevatasi impossibile, con o senza qualificazione alla Champions League. In ogni caso il patto triennale di non ricapitalizzazione stretto con Moratti si sta avvicinando alla sua scadenza, con risultati negativi sul campo, mediocri nel bilancio (alleggerito il monte ingaggi, l’indebitamento no) ma buoni per quanto riguarda la riorganizzazione societaria. A ottobre mancano però ancora sei mesi e quindi dal cilindro, forse su ispirazione dell’ormai iconico Mister Bee, è stato tirato fuori il coniglio chiamato ‘socio di minoranza ricco e stupido’ al quale possono credere solo copincollatori che non hanno altro dio al di fuori di uno schermo. Nessun essere vivente, neppure un ragno o una pianta, comprerebbe quote di minoranza di una società in perdita senza la prospettiva di poterne prendere la maggioranza, cosa che invece cambierebbe il discorso. Perché invece di gente con soldi veri, anche in Italia, ce n’è ancora: il punto è che non aspira a pagare interessi dell’8% senza comandare, a meno che non abbia un tornaconto in altri settori. Questo al di là del fatto che Moratti di soci italiani non ne voglia, come dimostrato anche dalla reazione alla cordata messa insieme da Pellegrini

E veniamo alle poche cose che sappiamo di prima mano, che avevamo promesso di scrivere senza avere però finora mantenuto la promessa. La prima: lo scorso gennaio Icardi e Brozovic sono stati ad un passo, anzi mezzo passo, dall’essere ceduti, cosa che ha fatto infuriare Moratti e che è stata all’origine della freddezza con un Thohir che fino a quel momento aveva perfettamente rispettato i patti. Snellire la società, ristrutturarla, sportivamente vivacchiare riducendo i debiti e trincerandosi dietro un allenatore con una grande immagine gradito a Moratti. Nessuna operazione monstre senza l’approvazione di Moratti, di sicuro nessuno smantellamento della squadra. La mancata cessione dei due giocatori ha messo addosso a Thohir una certa pressione finanziaria, che lo ha indotto a proporre a Moratti di riprendersi tutte o in gran parte le quote (tecnicamente non vendute, ma concesse con un aumento di capitale dedicato). La risposta è stata un ‘Non adesso’ abbastanza stizzito e si è così navigato a vista fino ad oggi.

Seconda cosa: il mitico socio (o soci) di minoranza. Che siano i cinesi di Chem-Cina o il fondo facente capo al Kuwait (tutti democratici, come si può notare), non si tratta di gente che ambisca a buttare i propri soldi ma di realtà che hanno affari in corso con Tronchetti Provera (i primi) o Moratti (i secondi) e che quindi recuperano da un tavolo ciò che perderebbero dall’altro. Terza cosa: il bizantinismo della situazione, con il corollario di Thohir che prova a vendere anche a Suning (letto sulla Gazzetta dello Sport), risiede nel fatto che Moratti vorrebbe tornare al timone dell’Inter in maniera morbida, senza formalmente essere il socio di maggioranza né tantomeno quello quasi unico. Gli amici kuwaitiani, ipotizziamo, soddisfatti su altri fronti più interessanti del calcio, difficilmente entrerebbero nel merito del contratto di Juan Jesus o del riscatto di Jovetic. In parole povere: il ‘nuovo’ Moratti governerebbe l’Inter, con Javier Zanetti presidente di facciata, su basi diverse rispetto al passato e senza sentirsi obbligato a mettere cento milioni l’anno.

Poi c’è il calciomercato: in qualsiasi scenario (sul Giornale Marco Lombardo scrive che tutto sarà deciso già a giugno) societario due su cinque fra Handanovic, Murillo, Brozovic, Perisic e Icardi a luglio potrebbero essere altrove. Vedremo. Da seguire da vicinissimo la situazione di Mancini, intristito e depresso anche per motivi personali, ma che avrebbe la fiducia di tutti gli attori di questa commedia, da Thohir a Moratti. La sensazione è che rimarrà, basta che non gli smantellino la squadra.

Chiudiamo con una nota umoristica, che poi sarebbe l’estratto di un articolo ‘serio’ pubblicato su Milano Finanza, segnalatoci dall’amico Duccio: “…Del resto l’Inter stima di avere in Asia 190 milioni di tifosi, 140 milioni residenti in Cina, e il fatto che i negoziati per rinnovare la ventennale sponsorizzazione con Pirelli abbiano subito un’accelerazione dopo l’ingresso di ChemCina nell’azienda della Bicocca la dice lunga sulle potenzialità del brand nerazzurro…. nella City non sfugge che le strategie dell’Inter sono ben delineate e che il timing per investire nel club nerazzurro è quello giusto: la società ha una management solido e un piano quinquennale credibile, il brand è fra i primi dieci al mondo per notorietà nel mondo del football, i conti sono ben avviati al turnaround e le potenzialità di sviluppo sui mercati asiatici sono ancora intatte, La situazione ideale, per un azionista di minoranza, per godere della creazione di valore futura e, a maggior ragione se asiatico, per stringere una partnership strategica dove generare, a propria volta, valore per tutti gli azionisti. In questa luce anche il fatto della qualificazione o meno alla prossima Champions League non è così determinante, perché l’orizzonte temporale dell’investimento è di più lungo periodo“. Ecco, non giureremmo sulla creazione di valore e non vorremmo mai essere un azionista di minoranza di un’azienda governata da Moratti (e meno che mai dagli Agnelli o da Berlusconi). Però di sicuro parte delle azioni di Thohir (e Soetedjo) sta per passare di mano. E probabilmente sta per nascere una squadra migliore, per lo meno senza più equivoci. Domandona finale, la solita: non sarebbe stato sufficiente tre anni fa dare pieni poteri a un manager bravo e andarsene a fare un viaggio su Marte? Rispostona: sì.

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