Maradona, il più grande da vivo

25 Novembre 2020 di Paolo Morati

Diego Armando Maradona è morto a 60 anni di età e non ricordiamo un calciatore, tanto meno un ex calciatore, la cui scomparsa ci abbia colpito più della sua. E non certo perché questa morte fosse imprevedibile, visti i problemi di salute degli ultimi anni. Un calciatore che andava oltre la squadra del cuore o il giocatore preferito e che è stato e rimarrà sempre il simbolo del pallone inarrivabile, il calciatore già mito prima di esserlo, secondo noi “il più di tutti” e per il quale non esistono possibili paragoni, né con quelli prima di lui né con quelli di adesso, né con quelli che verranno dopo.

Sappiamo che la nostra reazione non è influenzata dal fattore anagrafico (Pelè mai visto giocare) e dalla nostalgia di un gioco dove l’immagine veniva dopo, anzi non esisteva (Maradona non andava certo dal parrucchiere prima di entrare in campo e non si inventava esultanze a tavolino), ma magari sì dall’emozione, mentre persone di ogni età ne stanno parlando in un tam tam immediato e spontaneo. Maradona non era costruito, questo lo si percepiva prima e lo si percepisce adesso. Ha vinto meno di altri fuoriclasse? Guardate dove e con chi ha giocato.

Maradona era semplicemente Maradona, quello che trattava una sfera – e non solo un pallone da calcio – come nessun altro, talento e istinto, giocoliere e giocatore, visione e visioni anche senza palla, riferimento politico senza fare politica, riferimento culturale senza cultura, benefattore silenzioso di tanti, visto per la prima volta in TV da bambini con la nazionale argentina, mentre il volto era incorniciato semplicemente nelle figurine, poi sentito raccontare e guardato con più assiduità con l’arrivo in Italia al Napoli ma certamente con meno esposizione rispetto a quella dei miti odierni. Quello che se segnava alla tua squadra potevi dispiacerti ma anche arrenderti all’evidenza.

Siamo sicuri che adesso tantissimi staranno guardando i video dei suoi gol, delle azioni pirotecniche che ne hanno segnato una carriera sul campo clamorosa, e magari anche della famosa mano de Dios. Ma a differenza di quello che accade con altri personaggi, che spuntano dalla memoria solo quando muoiono, di lui ci si è costantemente ricordati e si continuerà a farlo. Per celebrarlo non c’era bisogno del doping di una morte al tempo stesso prematura e tardiva.

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