Il pentimento di Sacchetti

2 Novembre 2020 di Oscar Eleni

Oscar Eleni ospitato sulla panchina del parco vicino alla ex Fiera di Milano dal libero pensatore che piange per Sean Connery e Gigi Proietti. Lui vive libero: giornali, visto che servono anche se troppi sono diventati illeggibili, come coperte, ci dorme bene, caldo o freddo, umidità nelle ossa. Gli basta il suo cielo e si risparmia il lattemiele assurdo della pubblicità che continua come se intorno ci fossero davvero solo mulini bianchi, le bugie di chi sta bene vestito come uno sciacallo, abito indossato dai soliti noti per una festa delle streghe che ha portato in sale segrete di alberghi furbi quelli che negano, ma poi non vanno a fare un giro in terapia intensiva.

Lui, l’amico sconosciuto, non vuol sapere se hanno trovato un colpevole, se ci sarà un rimpasto, aspetta sulla sua panchina, parlando con i cani di passaggio, il piccione chiacchierone, la banda degli scoiattoli. Bel consiglio, tanto chi ti ascolterebbe in giorni come questi, orribili, sì, proprio come quelli del primo assalto coronato. Mondi e vite spezzate. Non si balla a questa frontiera che sembra un po’ quella di un delizioso film francese diretto da Dany Boon, il protagonista di Giù al Nord che poi permise all’italiana fantasia di scoprire i Benvenuti al Sud e al Nord, il doganiere francese in splendido conflitto con il fratello, pure lui guardiano nazionalista ottuso di frontiera, della sua fidanzata belga. Erano i giorni in cui cadevano le frontiere in gran parte dell’Europa, ma dentro le pieghe di Niente da dichiarare?, questo film del 2010, c’era tutto quello che ancora oggi fa dell’Unione la stessa cosa che le televisioni con i loro commedianti fanno della nuova pestilenza.

Da star male, ma l’amico sulla panchina chiede fantasia e poi ci ride sopra: tanto al calcio giocano lo stesso, ho visto anche che il basket e la pallavolo non si fermano, il rugby ha il suo rito a porte chiuse nel Sei Nazioni dove l’Italia sembra davvero estranea, anche se cerca di nascondere le sue debolezze tecniche, più importanti di quelle fisiche, a porte quasi aperte nell’altro emisfero dove l’Australia le ha prese dalla Nuova Zelanda più o meno come ha fatto Azzurra contro l’Inghilterra.

Va bene, allora con molta fantasia vi diremo che il campionato di basket è arrivato alla sesta giornata pur rinviando qualche partita. La stessa cosa stanno facendo nelle coppe europee, anche se la situazione sembra davvero in peggioramento, senza possibilità di garantire che si arriverà alla fine. Sarà per questo, ma vale anche per il calcio, che certe partite sembrano finte, così come troppi giocatori che dopo 5 minuti ascoltano soltanto i messaggi del loro agente e ne fanno davvero di tutti i colori.

Ora è davvero ridicolo che a Brescia pensino di mandare via Esposito e di tenersi invece certi giocatori. Sui pentimenti di Varese inutile tornare: Caja, di certo, avrà sbagliato ad artigliare non soltanto non soltanto i giocatori, ma di sicuro aveva ragione lui e Bulleri se ne sta accorgendo dopo le prime due partite dove, come  a scuola dopo il cambio insegnante, tutti gli dicevano “Lei sì che è bravo, quello di prima, invece…”.

Chissà se la stessa cosa stanno pensando alla Fortitudo Bologna, ma qui la colpa è davvero di troppe persone per mettere al rogo il solo Sacchetti, per fingere di credere che nel gruppo ci sia armonia ascoltando la voce dei veterani. Prendiamo la partita perduta a Brindisi in diretta RAI dove sembra che abbiano salvato testata e indipendenza, si per dire: inizio con furore seguendo il Banks che certo Vitucci non rimpiangerà godendosi Thompson, Harrison e, soprattutto Willis, ma poi appena Totè ha ceduto, nel momento in cui ci si accorgeva degli 0 punti dell’Aradori a servizio, nell’attimo dei cambi obbligati ecco il ribaltamento da più 3 a meno 13 in 10 minuti. Con questa danza macabra in fondo alla classifica il caro Romeo si pentirà cento volte di non aver saputo dire no alla magica Effe, anche se la sfida stuzzicava, anche se la Vanoli era famiglia vera e, come dimostrato, resta un posto dove si lavora e si crea, magari con poco. Noi non saremo mai dalla parte di chi considera soltanto mercenari i professionisti che cambiano cavallo, ma, se devi proprio, allora assicurati che nella nuova stalla tutti portino biada e zucchero e non veleno fingendo di essere Tarcisio prima del martirio.

Siamo contenti per Meo che a fine novembre, nelle qualificazioni inutili , siamo già qualificati, e inopportune, considerando il periodo, abbia anche buone notizie dal campo perché nella lunga lista al momento sono pochi i deludenti: nell’ultima partita, ad esempio, male come troppe volte Abass, non bene Bortolani nel pasticciaccio brutto di Brescia, non visti sul campo Biligha e Moretti con Messina in versione Erode quasi più del suo predecessore che ha esordito felice in Cina. Benissimo, invece, Pajola, se uno cerca nella storia dei veri allenatori scopre che non sono mai  un caso certe scoperte. Molto interessante il Baldasso che insieme a Campogrande ha contribuito alla vera sorpresa di giornata, il sacco di Brescia a cui una Roma in sciopero aveva concesso la prima azione senza contrasti per far sapere come stavano le cose.

Vero che al Taliercio è andato bene anche Tessitori, era ora, ma dall’altra parte mancava Watt e Daye aveva la ruggine addosso, insomma stiamo parlando di un confronto al vertice che più in maschera non poteva essere, anche se siamo convinti che questa Virtus, se si toglierà dalla testa  quello che le hanno tolto nell’ultima stagione, vissuta in prima fila, forse diventerà davvero la rivale di Milano che, al momento, sembra davvero la sciura del bar con biliardo: vi regalo 10, 20 punti. Lo ha fatto anche contro Trento, bella e reattiva anche se dopo 11 minuti ha perso Sanders, espulso, anche se veniva da una settimana con lavoro differenziato.

Certo essere sotto 60-62 dopo 30 minuti avrà risvegliato in Messina la voglia di metterlo davvero il suo marchio su certi giocatori e di sicuro qualcuno, se non fossimo tutti in maschera, se si fosse in una stagione meno finta, avrebbe già trovato la valigia alla porta del Forum anche se la nobil casa ha garantito al suo guru  una bella rosa che nessuno in Italia può permettersi. Squittire per  il 6-0 di Milano sembra esagerato, ma se ti metti a servizio poi pensi di trovare gratitudine dove, invece, forse, preferirebbero che certe persone venissero trattate per quello che non stanno facendo, da Brooks in giù.

Su Cremona, come del resto Brindisi, Reggio Emilia e Trento, abbiamo detto che ci hanno sorpreso, ma certo la Roma vista a Brescia e all’inizio stagione, prima del gorgo che ha consigliato mezzi scioperi, degli infortuni seri, merita qualcosa di più dei complimenti. Avrebbe bisogno di vero aiuto da chi può, perché come dicevano i padri fondatori della Lega, senza le grandi città il basket resta una imprigionato in tre o quattro regioni.

Mentre nel calcio stanno cercando i ragazzini che hanno disegnato le nuove maglie da mettere sul mercato e, purtroppo, anche in campo, cerchiamo di capire il D’Antoni pensiero che facendo gli auguri a Tony Cappellari, compleanno nello stesso giorno di Bruno Arrigoni, gli aveva annunciato che sarebbe stato assistente di Steve Nash a Brooklyn. Artù alla tavola del suo grande Lancillotto, vero genio sul campo. Non credendo al Peterson super ispirato, che regala agli ex giocatori quadri da tenere per tutta la vita, convinto che Mike abbia deciso di allungarsi la carriera seguendo le orme del grande Winter, diciamo che da noi una cosa del genere l’aveva fatta Zorzi e sembrava anche funzionare bene. Speriamo sia felice e non triste come invece questa Brescia secondo la sua sacerdotessa Bragaglio, allegro come il settantenne grillo De Zolt che ai tempi in cui seguivamo lo sci di fondo ci fece scoprire un mondo stupendo con Vanoi come maestro nel bosco della fatica.

Pagelle dalla panchina nel parco, avvolti nella nebbia di una stagione che potrebbe anche non finire. Serviva coraggio prima, adesso chi bussa al convento non è certo in buona fede.

10 A PAJOLA, basta che non ci creda prima di ripetersi tre volte, e TONUT, basta che vada avanti cercando in se stesso e non nelle carezze ipocrite di non gli dice che manca ancora molto per essere il campione che vorremmo.

9 A CREMONA e TRENTO, allenatori, società, giocatori, perché anche perdendo lo hanno fatto da  gente vera. Ne abbiamo bisogno.

8 Al ROLL che in questo momento si brucia le dita e dà una vera mano all’Armani. All’inizio pensavamo che la sua  riconferma, seppure meritata, non avrebbe aiutato Messina a dimenticare l’ultima stagione. Sbagliavamo.

7 Al MARINO che ha scoperto che passato un Banks, se hai collaboratori capaci, un eccellente allenatore, puoi fare squadra  e presentarti nell’arena con un gruppo che merita davvero di avere il palazzo che Brindisi si meriterebbe, anche se dirlo in questi giorni sembra sacrilego.

6 A SASSARI che ha mandato un bel messaggio al Pozzecco febbricitante che in questi giorni viene beatificato per aver detto nel suo libro una verità su cui meditare: ”Ero un pagliaccio e volevo diventare il migliore del circo”.

5 A PESARO per aver portato Gelsomino REPESA sull’orlo di una crisi di nervi  senza sapere se era gatto o topo contro la sorprendente Cremona battuta ai supplementari. Certo vincere in  casa dopo 19 mesi e in quel modo è da sadici masochisti. Non solo perché manca un secondo lungo.

4 A FIP e LEGA se vanno in giro a dire che un campionato senza retrocessioni piace soltanto alle società piccole. Cara gente, al momento avete soltanto piccole società che senza incassi non possono arrivare in fondo.

3 A VARESE che rende inutili le prodezze del vecchio Scola e di Strautins. Peccato per tutti, ma forse Bulleri capirà ora che con certa gente il metodo Caja era l’unico che capivano.

2 All’arbitro LAMONICA, eccellente giudice nell’eurolega, perché c’era lui in mezzo quando il Custer TRINCHIERI ha deciso che  non voleva davvero dirigerla la partita contro il Real facendosi espellere dopo 4 minuti.

1 Alla FORTITUDO che nell’emergenza sperava  di poter risolvere certi problemi con il vecchio Cusin. A Brindisi i veterani italiani di  Sacchetti gli hanno proprio fatto Marameo.

0 Agli SCOMMETTITORI se non chiederanno un’inchiesta vedendo certi parziali come quelli che hanno deciso e ribaltato troppe partite. Possibile che l’assenza di pubblico faccia fuggire i giocatori nella caverna dove vedono soltanto se stessi, ascoltando la voce di un padrone che non è certo quello che li paga?

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