Conte deve lavorare

26 Novembre 2020 di Marco Lombardo

Caro direttore, la serata di Inter-Real Madrid mi ha davvero sorpreso. Ma non certo per la partita, né per la prestazione di una squadra ormai allo sbando tecnico e caratteriale. Ma è stato il dopopartita su Sky che mi ha un po’ scioccato, sapendo quanto i giornalisti sportivi siano in questo Paese i cani segugio alle calcagna delle grandi squadre.

Difficilmente qui da noi infatti vediamo in sala stampa far passare senza reagire parole come “scrivete sempre cazzate”, e invece ieri sera alla fine nel dopopartita Sky nessuno si è fatto avanti per chiedere conto ad Antonio Conte della scelta da lui stravoluta di Vidal, o magari del fatto che far entrare Eriksen a 4 minuti dalla fine sullo 0-2 con la squadra in dieci sia in spregio del giocatore e della sua (di Conte) e nostra intelligenza. Sarà, un po’ di stanchezza capita a tutti.

E d’altronde, dopo il dovuto panegirico su Maradona e la solita litania sulla squadra che si è impegnata, l’inviato allo stadio ha fatto presente che si poteva proporre solo un’altra domanda. Che ha fatto Fabio Capello (“La squadra mi è piaciuta quando ha cambiato sistema di gioco, non è che magari…”), tra l’altro senza avere risposta se non in formato standard (“Dobbiamo lavorare”). Ma tant’è, in una giornata come quella di ieri può capitare. Eppure la vicenda mi ricorda il caso di un Paese ben lontano calcisticamente dal nostro modo di pensare calcio (cit. Adani) in cui succedono fatti davvero incredibili. Per dire…

  • Una nota squadra, che si avvale di un allenatore strapagato, viene ripetutamente insultata in diretta allo stesso per giustificare mancati traguardi stagionali. I dirigenti della suddetta squadra, invece di cacciarlo a pedate chiedendogli i danni, lo convocano per un summit nel quale gli offrono un timido foglio di via, avendo già trovato l’accordo con chi lo sostituisce. Siccome però lui vuole tutti i soldi che gli spettano, allora quasi gli chiedono scusa e annunciano in pompa magna che si va avanti con soddisfazione. Senza che tra l’altro ce ne fosse bisogno, visto che l’allenatore in questione continuerà appunto a essere strapagato per contratto altri due anni.
  • Il tecnico in questione continua a fare capricci per avere alle sue dipendenze un giocatore già un po’ bollito perché indispensabile per la sua “grande esperienza”. La società senza battere ciglio glielo procura, cedendo un difensore di altrettanta grande esperienza e di sicuro rendimento. Tanto che, pur giocando in uno schema a lui non congeniale, negli ultimi mesi era stato sempre il migliore del reparto. Risultato: la difesa inizia la stagione subendo gol a raffica.
  • La grande squadra intanto affronta campionato e coppe internazionali mostrando una mollezza esasperante e macinando un ruolino di marcia impressionante: 4 vittorie in 12 partite, 2 nelle ultime 10. Sul giornalone di quel Paese esce un’intervista all’allenatore dalla quale si evince che tutto va bene e nella quale la domanda più critica è questa: “Mi scusi sa, mister, ma i miei lettori non mi perdonerebbero se non le chiedessi di quel giocatore arrivato come top e che lei lascia sempre in panchina”. Che paura.
  • L’ormai mansueto tecnico, se ne riesce improvvisamente un giorno contro quelli che dicono che la sua squadra manca di furore bollandoli come ubriachi e la settimana dopo dice che alla sua squadra “manca il furore”. Senza che nessuno gli chieda se per caso abbia raggiunto la compagnia al bar.
  • In quel Paese dove ogni partita è una finale, arriva la sera della finale: la partita da vincere per non chiudere la stagione a novembre. La star di esperienza voluta a tutti i costi dall’allenatore si fa espellere per una scena isterica, la squadra non fa un tiro in porta, perde e tutto va bene. “Dobbiamo lavorare”. 

Ecco Direttore, potrei aggiungere altro ma non voglio tediarti troppo. In quel Paese fortunatamente così lontano si sono visti timidi segnali di risveglio sui quotidiani del giorno dopo, ma lì non sai mai quanto contano i suggerimenti che arrivano via cellulare. Come scrivevi tu, ai tempi in cui raccontavi Cialtronia, certe cose qui da noi non potrebbero mai accadere. Di sicuro da noi in un caso del genere la stampa sportiva avrebbe fatto notare già ad agosto che confermare quell’allenatore lì era stato un errore, che cedere il difensore con maggiore esperienza per prendere un centrocampista col fiato corto un danno, che rovinare volutamente l’acquisto per cui la società ha speso soldi e immagine una follia. E i giornalisti avrebbero risposto agli insulti dell’allenatore mettendolo davanti al suo fallimento. Ma qui, per fortuna, tutto va bene. Il campionato è equilibrato, in Europa facciamo faville da anni e lo scudetto non lo vince mai la stessa squadra. C’è dunque bisogno di fare domande scomode?

Ps. Mi giunge notizia che il quel lontano Paese l’allenatore di cui sopra per rispondere all’ennesima critica abbia affermato che un suo illustre collega straniero ci ha messo 4 anni per vincere qualcosa. Nessuno gli ha fatto notare che in passato un altro suo illustre collega nostrano ha vinto in uno. Prendendo il suo posto.

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