L’Ultimo Minuto di Ugo Tognazzi

27 Ottobre 2020 di Stefano Olivari

Trent’anni fa, il 27 ottobre del 1990, moriva Ugo Tognazzi e bisogna dire che in molti hanno già celebrato il grandissimo attore cremonese. Insomma, Tognazzi non è stato certo dimenticato: la vera fortuna degli artisti è questa. Dimenticato nelle varie rievocazioni è stato invece Ultimo Minuto, che è probabilmente il più bel film italiano sul calcio e di sicuro quello del Tognazzi ‘minore’ che abbiamo amato di più, insieme a La Stanza del Vescovo.

In Ultimo Minuto la parte di Tognazzi è quella di Walter Ferroni, esperto direttore sportivo di una piccola squadra di Serie A, sospesa fra debiti e problemi di ogni tipo. Una squadra del Nord dal nome indefinito (tante scene sono girate al Menti, quindi in molti ritengono sia il Vicenza, ma a noi piace pensare alla Cremonese) che Ferroni ha per decenni tenuto a galla, con furbizie di ogni tipo: non a caso il suo personaggio è stato dichiaratamente creato da Pupi Avati ispirandosi a Moggi ed Allodi.

Ferroni-Tognazzi è un maneggione, ma ama il calcio e pensa di capirne più di chiunque altro: più dei suoi allenatori di sicuro. Si convince che la svolta per la sua squadra sia quello di coinvolgere un nuovo proprietario, ma questo lo fa fuori ritenendolo inadeguato al nuovo calcio. Ovviamente i risultati precipitano e Ferroni viene richiamato, con la sua storia calcistica che si intreccia con il privato, con la figlia (Elena Sofia Ricci) legata all’attaccante in declino (Massimo Bonetti) e con tutti i difetti dei mestieranti.

Non spoileriamo il finale di un film molto centrato ed emozionante, che consigliamo vivamente. Ben descritto il sottobosco calcistico, senza macchiettismo né retorica (consulenti di Avati erano Italo Cucci e Michele Plastino) sui valori del calcio, e notevolissima l’interpretazione di Tognazzi, amante dello sport (tifoso del Milan e super-appassionato di tennis), in quegli anni depresso perché lavorava di meno e forse immedesimatosi in quell’anziano direttore sportivo che ha dedicato tutta la vita ad un sogno, per accorgersi che forse non ne valeva la pena.

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