La speranza di Poeta

12 Ottobre 2020 di Oscar Eleni

Oscar Eleni, cacciato dalla terra dove vivevano i dinosauri, alla ricerca del travestimento giusto per capire la differenza che passa fra Hamilton, LeBron James, Nadal e tutti i loro sfidanti, i belli, i brutti, i cattivi. Prima la maschera, meglio adeguarsi, per fingere di essere il drone di Massimiliano Finazzer Flory, artista di Monfalcone che vive fra Milano e New York, attore, drammaturgo, regista, appassionato di basket, suoi i bellissimi allestimenti sul mondo NBA, perché nel viaggio fra le statue milanesi anche noi abbiamo sentito parlare Costantino e il Beccaria mancante che secondo lui avrebbe detto a ministri, presidenti, giocatori: la cieca ignoranza è meno è fatale del confuso sapere. Cercando con lui risposte nel cortometraggio “Ali dorate. I giorni del silenzio”.

Una purificazione adesso che le parole riempiono il cartaceo giornalistico camuffato se i 13 giorni di viglia del derby calcistico di San Siro meritano più spazio di chi va nell’arena davvero. Certo, bellissimo ascoltare le voci trentine alla festa gazzettiera dello sport, ma ci sembrava tutta vetrina per natali che non arrivano se adesso, dopo aver incensato il Mancini che in arte sua era morbido solo con amici degli amici, si scopre che giochiamo bene, ma non siamo cattivi davanti. Scoperte fondamentali come quelle sui record con lepri e tracce luminose per indicare ritmo e strada.

Rivelazioni tipo la differenza nel basket fra l’Armani e il resto di un gruppo che sembra già vivere in una bolla aspettando, come nel marzo scorso, che Petrucci e Gandini, non trovando udienza dai ministri, ma soltanto dove si prega, dicano fermi tutti perché il Covid ci nega il sostegno della gente e quindi ci condanna alla bancarotta, perché il virus è subdolo, i tamponi languono, le medicine diventeranno oro per usurai, considerando che già oggi chi era ricco lo è diventato ancora di più, mentre qui ti fanno marcire nel fango del burocrate ottuso come racconta bene, raggelandoti, il mensile Millennium dove si fanno nomi, cognomi.

Si raccontano anche storie vere che certo non interessano i salotti televisivi degli smacchiatori che sapevano chi era la nipote di Mubarak, ma non credono a chi deve arrampicarsi oggi sugli specchi per cercare una via d’uscita fra ”governatori” spesso solo invidiosi, sindaci petulanti, troppi incompetenti anche dove dovrebbero stare professionisti veri, non creativi che bruciano milioni per case di carta. Sport assediato da una nuova legge confusa quasi più di chi insiste a cercare il diabbolo nel calcetto, nello sport, piuttosto che nella movida che, giustamente, avrebbe dovuto diventare, come dice Cimbrico, una fermida o una fermada.

In vena di travestimenti, lasciato il Finazzer Flory alla sua arte eccoci sulla strada per Bologna, prima di poter deviare verso Amblar nel Grigo day, vera sfida nello struggente ricordo per arzilli vecchietti che sanno bene, come dice Gigi Proietti, geniale, uno da cui accetti l’ordine ‘A me gli occhi’, che la vera malattia è avere più di 70, 80 anni.

Dicevamo Bologna e l’aula di Santa Lucia dove Ettore Messina, in attesa di scoprire se è tutto oro quello luccica adesso nell’Armani imbattuta prima del doppio carpiato ad Atene con Olympiakos e poi contro il Real Madrid, riceverà il sigillo dell’Ateneo dal rettore dell’Alma Mater di oggi, riconoscente come il grande latinista Dionigi di ieri, pesarese e cestofilo, che nel 2002, ad Ettorre, guru virtussino, fece assegnare la laurea honoris causa in Scienze Motorie. Si meritava e si merita ogni riconoscimento l’uomo che naviga a vista nella nebbia di una stagione dove, per adesso, nessuno ha smascherato le debolezze del gruppo. Gli altri incensano, lui trova risposte e assoluzioni anche quando vorrebbe mangiarseli certi giocatori, ma certo in Italia, al momento, non si vedono Rocky Balboa pronti a parare con la faccia i colpi del bell’Apollo vestito nella nobil casa. 

Impossibile lamentarsi dei tuoi se al momento della doppia fatica, fra coppe e campionato, la Virtus Bologna gioca tre tempi da vergine dei candidi manti, incantata dal Poeta trentacinquenne che segna da tre anche di tabella. Perché spaventarsi se la Reyer birichina che l’anno scorso ti fece fuori dalla Coppa Italia, due anni prima si prese lo scudetto, subisce 90 punti da una Pesaro davvero ridisegnata da Repesa. In queste aride steppe, dove tutti, dal presidente federale, unico candidato alla rielezione, al  custode  sanno di essere sul burrone, devi sempre pregare che chi tira fuori i soldi non abbia figli che ad ogni cena di famiglia dicono: ”Ma perché dare tutti quei quattrini ad abili giocatori, quando in casa ci sarebbero sperperatori più bravi?”.

Amarissime ore che fanno malissimo, ma è così per tutti, peggio per chi ancora fa il grillo parlante e ti toglie il gusto di vedere le partite: Miami ha la possibilità di arrivare alla settima. Già. Virtus e Reyer possono respirare? Già. Cremona è la prima candidata alla retrocessione. Salvo sorprese. Il Briatore prostatico, evangelista nella terra del caviale, direbbe che è tutto un bla bla, ma, per fortuna, ci sono in giro i Bulgheroni, i Longhi e i Trainotti, i Ghiacci, i Marino, i Casarin, i Sardara, i Costa, insomma tutti quelli che da Brescia a Reggio Emilia, Cremona, Treviso tengono in piedi la baracca, ma, per grazia ricevuta, Cantù, la bella squadra che ieri ha sbancato Varese anche senza il coronato Smith, ha messo insieme un bel gruppo di credenti guidato da Roberto Allievi che pensa addirittura di poter costruire in due anni il palazzetto atteso da almeno dieci.

Sanificare, distanziare, cercando di scoprire se questo campionato mascherato offre nuovi giocatori per il Sacchetti cittì, purificato dalla prima vittoria in campionato con la Fortitudo che ha lasciato nella terra di nessuno, a zero, la sola Aquila trentina dove, ci mancherebbe altro, c’è chi sa benissimo che l’allenatore Brienza è colpevole almeno come chi ha fatto la squadra e, soprattutto, come certi giocatorini presuntuosi e distratti, principi delle palle perse.

Qualcosa si muove. Non al centro, direbbe Djordjevic dopo aver mandato al diavolo Tessitori e compagni, ma poi chi lo giocherà davvero il preolimpico se la NBA blinderà nelle sue bolle i suoi milionari? Ah saperlo. Si dice che ci saranno le Olimpiadi, ma nessuno è sicuro, per fortuna c’è chi capitalizza il talento e anche senza pubblico si prende superpremi per grandi record mondiali, per vittorie nei tornei di tennis, la polacca diciannovenne a Parigi si è presa quasi 2 milioni di euro. Avanti così, facendoci i dispetti, con quelli dello sport che dicono a quelli del cinema, teatri, musica, che nei palazzi e negli stadi si è almeno sicuri come nelle loro chiese. Maledetto chi ammirato dal genio del Caravaggio pensava che tutti avrebbero trovato una luce nelle ombre della pandemia. Balle, come queste pagelle.

10 Al geniale POETA che ha salvato la fantasia del gioco, anche con l’ossessionante tiro da tre, consentendo al credente Galbiati di portare a Vanoli quello che custodiva come Tarcisio: la speranza per Cremona.

9 Al FILIPOVITY pesarese che insieme a Filloy, la grande anima, ha portato  l’oro del suo braccio di ungherese con venature dorate nella capanna di mastro Repesa, uno che non si arrende mai.

8 Al ventiduenne Tommaso BALDASSO che, come ALVITI a  Trieste, ha permesso a Dalmasson e Bucchi di andare a dormire sapendo che  c’è vita oltre le delusioni.

7 Al decano PANCOTTO che anche senza il fosforo di Smith, coronavirus, ha sbancato Varese dove Scola è stato impiccato dalla pochezza di chi doveva stancargli il toro invece di sfinire lui.

6 Al VITUCCI silenzioso che ha incassato quando doveva, che ha imparato quando poteva anche dalle sconfitte, che potrebbe essere con Brindisi il convitato di pietra al tavolo delle quattro presunte sorelle che vorrebbero fare materassi delle avversarie.

5 A David MOSS che ci ha messo un po’ per tornare ad essere l’uomo capace di dare una corazza alla bella creatura che Esposito sta cercando di creare a Brescia. Non si fermi al primo canto di sirena.

4 Al FANTINELLI bello e concreto che abbiamo visto apparecchiare la tavola per i compagni contro Trento, che abbiamo ammirato colpire duro e con stile, se, come altri, vorrà essere meteora. Da lui ci aspettiamo più di una bella barba.

3 A PETRUCCI e GANDINI, per non parlare di VILLALTA e altri, se andranno in tribuna ad urlare: così si chiude tutto. Ci deprimono i capi catastrofisti. Sarà vero, ma…

2 Agli ARBITRI se dovessero sfinirci dicendo che sette vittorie in trasferta su otto partite dimostrano che tutti hanno garanzie di equità competitiva. Assenza di pubblico ululante e condizionante? Forse, ma noi crediamo persino a quelli che fischiano una troiata e poi sogghignano.

1 Alla VIRTUS come squadra e anche come società se non chiuderà in una bolla giocatori che devono ancora far conoscere il loro talento e ci dispiace che nel gruppo ci sia un leone come Alibegovic.

0 Alla REYER che al primo doppio ostacolo ha fatto capire di avere cuori di panna. Vero che ci ha abituato a prendere in faccia palle di carta, salvo poi vestirsi da parona, ma non sempre le avversarie si disfano al sole come le favorite infilzate.

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