Berrettini-Noah a metà del guado

3 Ottobre 2020 di Stefano Olivari

Matteo Berrettini è fuori dal Roland Garros, avendo appena perso con il tedesco Daniel Altmaier nel terzo turno, in tre set abbastanza combattuti e pieni di occasioni buttate. Non era il buco di tabellone che può fare la differenza in una carriera, negli ottavi avrebbe avuto Carreno Busta e negli eventuali quarti Djokovic, ma questo non toglie che questa sia la sconfitta più brutta da quando ha fatto il salto di qualità, nel 2018, proprio a Parigi (arrivò al terzo turno, perdendo bene da Thiem). Usando un metro calcistico, dove nessuno più perde ma tutti ‘imparano’, il massacro con Federer negli ottavi di Wimbledon 2019 fu meglio.

Niente di strano: Berrettini-Altmaier è solo la milionesima partita nella storia del tennis in cui perde chi apparentemente gioca meglio. Berrettini ha avuto molto meno del solito dal servizio, la sua seconda palla sulla terra (e questa terra era anche più lenta del solito) significa perdere un punto su due, ma nel secondo set ad un certo punto stava volando, prima di disunirsi (alla fine il doppio degli errori non forzati rispetto al numero 186 del mondo) e di patire oltre il normale la solidità di Altmaier, rodato anche da tre turni di qualificazione e noto finora soltanto a scommettitori che cercano occasioni nei Challenger (senza averlo mai visto giocare l’abbiamo puntato una volta contro Musetti, perdendo).

Ma al di là di una partita che tutti gli appassionati italiani di tennis hanno visto, cosa si può dire del 2020 del tennista numero 8 del mondo? E siamo abbastanza vecchi per apprezzare un italiano numero 8 del mondo in uno sport universale come il tennis… Giudicando sulla base di US Open, Roma e Roland Garros, quindi su partite che abbiamo visto, tranne quella parigina con Pospisil, Berrettini è uscito dal lockdown un po’ a metà del guado dal punto di vista tecnico.

Non si è accontentato di migliorare i suoi punti di forza, per diventare quel big gamer che sul cemento faccia paura a tutti, ma con Santopadre ha iniziato a variare i suoi schemi e a diventare un giocatore più completo, accorciando il campo e sfruttando una mobilità che per uno della sua stazza è molto buona. Un tipo di gioco, con un uso molto più massiccio del back, che sulla terra battuta è a tratti sembrato una citazione di Yannick Noah. Non sempre cambiare pelle è una buona idea, ma di sicuro significa essere ambiziosi.

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