Una tesi da Pirlo

16 Settembre 2020 di Indiscreto

Andrea Pirlo è diventato a tutti gli effetti l’allenatore della Juventus prendendo a Coverciano il patentino UEFA Pro con il punteggio di 107/110. Tutta Italia, per lo meno tutta l’Italia che frequentiamo noi, sta discutendo della tesi da lui presentata, con relatore Renzo Ulivieri (fino all’altro ieri nemico degli allenatori senza gavetta, quindi fresco di folgorazione), intitolata ‘Il calcio che vorrei’ e che invitiamo a leggere in forma integrale, tanto è breve. E sinceramente è sempre bello leggere considerazioni calcistiche, per quanto tendenti all’aria fritta. A colpire non è comunque tanto il contenuto, perché ognuno ha sul calcio una propria personale idea, ma il linguaggio.

Non da ex calciatore, ci permettiamo di dire, ma nemmeno da allenatore professionista. È un po’ quell’allenatorese da sfigati che viene usato da molti giornalisti che vogliono esaltare i tecnici da progetto e vedono maestri predestinati ovunque. Una neo-lingua che piace anche ad allenatori senza un grande passato da giocatori, quindi gente che fa parte di un altro pianeta rispetto a Pirlo. Che, assicurano persone che lo conoscono bene, di persona non si esprime in questo modo. E quindi? Mah…

Citiamo in ordine sparso. “L’idea fondante del mio calcio è basata sulla volontà di un calcio propositivo, di possesso e di attacco”. “Manipolando spazi e tempi, abbiamo l’ambizione di comandare il gioco in ambedue le fasi. Il “gioco” deve essere il filo conduttore della mia squadra. Intendendo per “gioco” quel filo conduttore composto da principi, posizioni ed emozioni tra i giocatori stessi”. “Da una disposizione statica dei giocatori si sta arrivando ad un’occupazione dinamica delle posizioni funzionali ai principi del modello di gioco”. “Attraverso le esercitazioni vogliamo aiutare i giocatori a riconoscere le situazioni ed adattarsi al contesto sempre più liquido delle partite”.

Insomma, è un po’ tutta così, fino alla vetta delle ‘riaggressioni’, che magari in tedesco ci farebbero impressione ma in italiano un po’ meno. Riferimenti comprensibili ai più sono quelli davvero calcistici: “Il Barcellona di Cruijff e poi quello di Guardiola, l’Ajax di Van Gaal, il Milan di Ancelotti fino alla Juventus di Conte”. Ci è piaciuta la parte sull’evoluzione dei ruoli, ma ovviamente il punto non è il contenuto quanto il modo in cui verrà accolto dai media di Pirlolandia: perché i tifosi lo valuteranno solo per i risultati, quindi in questo momento Pirlo può ancora diventare Ciro Ferrara come Klopp, ma i media il loro prodotto lo devono vendere adesso.

Share this article