Schwazer e l’urina non umana

15 Settembre 2020 di Stefano Olivari

Complotto contro Alex Schwazer: da anni il tribunale di Bolzano sembra avere questo come unica occupazione, si vede che il secondo reato della zona in ordine di importanza è il furto di speck. L’ultima notizia è che il colonnello Lago, incaricato della perizia dal Gip Pelino, ha affermato che il DNA delle urine di Schwazer (ovviamente quelle relative all’ultima squalifica, quella che lo terrà fuori fino al 2024) è anomalo e non corrisponde a una fisiologia umana.

In altre parole, secondo la perizia di Lago, Schwazer sarebbe stato condannato dalla giustizia sportiva in base alle urine di un essere non umano, oppure manipolate con sostanze da definire. Tesi contestata dal perito della IAAF, la federatletica internazionale, Giardina, e da quello della WADA, l’agenzia antidoping, Pascali, i quali sostengono che l’urina non sia un tessuto omogeneo come può essere il sangue e che quindi la concentrazione di DNA è sempre anomala, con sbalzi enormi.

La terza perizia del comandante dei RIS di Parma pare quindi basata su un presupposto sbagliato, visto che in teoria dalla stessa urina si possono estrarre quantità di DNA anche molto superiori rispetto a quelle già abnormi citate da Lago. Di più: il travaso fra flaconi rende strutturalmente diverse anche analisi effettuate sullo stesso campione, insomma non provano nulla. Nè che il complotto ci sia stato né che non ci sia stato (mai escluderlo, nello sport si è visto anche di peggio).

In tutto questo va ricordato che, nonostante la maggioranza dei media faccia intuire altro, a Bolzano l’imputato è Schwazer, non la WADA, e che quindi se prevarrà la tesi (improbabilissima) della manipolazione, insomma del complotto, il marciatore altoatesino potrebbe puntare all’archiviazione delle accuse penali nei suoi confronti. La partita per così dire sportiva è invece chiusa: Schwazer potrà rientrare in gara nel 2024, a 39 anni, alla vigilia dei Giochi Olimpici di Parigi, se mai ci saranno e se la marcia non verrà abolita prima.

Come scritto nella ventina di articoli dedicati da Indiscreto al caso Schwazer, siamo contro il linciaggio dell’atleta (fra l’altro siamo anche favorevoli al doping, per una questione di trasparenza), che ci ha provato sapendo di rischiare, ma lo sport è fatto anche di regole: non sempre i truffatori vengono scoperti (in Stati Uniti e Africa quasi mai), ma quelle poche volte è giusto che vengano squalificati.

Rimaniamo dell’idea che Schwazer ed i suoi consiglieri, in primis il professor Donati, abbiano scelto di giocarsi questa partita sul piano della pura comunicazione. Tanto nella memoria della gente rimarrà che sì, forse, ma, però, chissà, non era poi tutto così chiaro e che quindi anche contro Schwazer ci sia stato un complotto, pur senza hacker russi (ma non è detto, perché anche in questa storia ci sono giri strani di mail) e negazionisti di qualcosa.

Un grave errore, perché non è che se Schwazer ha barato allora le denunce del passato di Donati diventino meno valide, eppure il professore è caduto nella trappola di legare la sua credibilità all’innocenza di Schwazer. Il desiderio di essere ricordato anche come un grande allenatore è stato superiore alla logica. Esiste quindi un caso Schwazer, senza contare il silenzio incredibile sull’oro dell’Europeo 2010, ma bisogna anche iniziare a parlare del caso Bolzano.

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