Oracle e il lusso di tifare Trump

7 Settembre 2020 di Indiscreto

Oracle è l’unica grande azienda tecnologica statunitense dichiaratamente dalla parte di Donald Trump, grazie al suo fondatore Larry Ellison, che per Trump ha anche raccolto fondi. Non a caso Oracle è stata pronta a scendere in campo per far diventare americana TikTok, nonostante questa app cinese per ragazzini sfaccendati sia ben lontana dal suo business. Anche se va detto che offerte sono arrivate anche da Microsoft (in tandem con Walmart), da sempre vicina ai Democratici e che prima della deadline di novembre potrebbe entrare in gioco Twitter.

Il tema che ci interessa è però un altro: perché fra i grandi del mondo tech solo Ellison, fra le mille cose anche patron del torneo di Indian Wells che non a caso è il più importante dopo i quattro dello Slam, ha potuto esporsi in favore di Trump? Il quale bene o male è il presidente degli Stati Uniti e che se l’America fosse davvero divisa, come da decenni ci dicono i corrispondenti, dovrebbe dividere. Invece nel mondo tech essere suoi sostenitori è quasi proibito: a memoria si tratta dell’unico leader di un paese democratico che sia stato censurato da Twitter. Non è successo nemmeno per le cifre inventate da ‘Giuseppi’ Conte.

Qui dal bar, in attesa di Olanda-Italia, azzardiamo due spiegazioni. La prima è che Ellison non c’entra nulla, anagraficamente (è nato nel 1944) ed emotivamente, non solo con la generazione degli Zuckerberg, ma nemmeno con quella dei Gates-Jobs. Avere la base nella Silicon Valley per lui non significa per forza condividerne l’ideologia dominante, a livello di padroni ma anche di microservi (cit. Coupland). La seconda è che Oracle, gigante prima nella gestione dei database e poi nella produzione di software, ha come principali clienti le aziende e il settore pubblico: non è che debba rendere conto minuto per minuto ai (milioni di) segaioli che commentano qualsiasi cosa sia in tendenza o a qualche gruppo di pressione.

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