Madonna and The Breakfast Club

7 Agosto 2020 di Stefano Olivari

Madonna and The Breakfast Club è uno dei film-documentario musicali più interessanti fra le migliaia che ormai sono disponibili sulle varie piattaforme e che ci fanno dedicare spesso più tempo alla scelta che alla visione. Il docudrama di Guy Guido, con una credibilissima Jamie Auld nella parte di Madonna, è incentrato sul primo periodo newyorkese di Madonna, che arrivò ventenne dal Michigan nel 1978 e che avrebbe svoltato quattro anni dopo.

Madonna and The Breakfast non è una biografia autorizzata, non c’è il contributo di Madonna ed è un bene perché la popstar viene raccontata non da giornalisti di corte ma da persone, soprattutto Dan Gilroy, che l’hanno conosciuta prima che diventasse Madonna, persone che forse si sono sentite usate ma che comunque anche a decenni di distanza mantengono una notevole ammirazione per l’ambizione di Madonna, riconoscendole di essersi costruita da sola, senza raccomandazioni o scorciatoie.

Madonna arrivò a New York come aspirante ballerina, ma dopo aver conosciuto Gilroy ed essere andata ad abitare con lui in una sinagoga sconsacrata iniziò ad interessarsi alla batteria, poi alla chitarra, poi alla scrittura di canzoni e infine al ruolo più da copertina, che era e rimane quello di cantante. Gilroy, che con dubbio stile mette a disposizione del regista anche registrazioni privatissime, era un musicista, che insieme al fratello Ed e ad altri aveva questo gruppo di non grande successo, appunto i Breakfast Club. Madonna, fidanzata con Dan, entrò in punta di piedi, come batterista più che dignitosa e in pochissimo tempo diventò l’unico motivo di interesse.

Sono anni in cui Madonna fa ogni tentativo possibile per raggiungere il successo. Fa la modella, partecipa come ballerina ad una tournée di Patrick Hernandez nell’estate di Born to be alive, stalkerizza qualunque agente o produttore del mondo dello spettacolo. Con la new wave non memorabile dei Breakfast Club il successo non arriva e così con il nuovo fidanzato, Stephen Bray, Madonna forma gli Emmy. Anche qui pochi riscontri, ma il suo giro di conoscenze si allarga e Madonna almeno riesce a far ascoltare le canzoni che scrive, pur ricevendo tante porte in faccia.

Un discografico vero lo trova finalmente nel 1982, per Everybody, che diventa un fenomeno soprattutto statunitense. L’anno successivo il primo album, Madonna, e poi la carriera che tutti conoscono. Merito del film è quello di mostrare la Madonna degli anni difficili, sia pure in una New York edulcorata (fu aggredita diverse volte, in un caso anche vittima di stupro) e con la povertà, visto che per anni non ebbe di che pagarsi una stanza (arrivò con 35 dollari), trasformata in vita da artista.

Dal punto di vista della narrazione puntare sulla feroce determinazione e sull’ambizione di Madonna è stata una buona scelta, ma non bisogna dimenticarne il talento di autrice musicale e di anticipatrice di mode, una delle poche icone anni Ottanta a non essere rimasta ingabbiata in quel decennio meraviglioso. Che regalò un po’ di gloria anche ai Breakfast Club rimasti senza di lei, con Right on track.

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