La volée di Recoba

2 Agosto 2020 di Stefano Olivari

Molti calciatori amano il tennis ed Alvaro Recoba è senz’altro fra questi, rispondendo pienamente allo stereotipo dell’autodidatta. La presunzione di quasi tutti è infatti quella di non avere in fondo bisogno di maestri, un po’ come avveniva fino agli anni Ottanta (oggi le cose sono un po’ cambiate) per la tecnica di base calcistica.

Di certo la maggior parte dei calciatori ha raggiunto un discreto livello nel tennis grazie a coordinazione ed abilità motorie applicabili ad ogni sport, abilità che ci sono o non ci sono. E nel Chino c’erano. Nel nostro piccolo siamo stati testimoni della nascita della passione di Recoba per il tennis, non esattamente lo sport di riferimento dei giovani uruguayani, con tutto il rispetto per Pablo Cuevas e Marcelo Filippini.

Fine anni Novanta, inizio Duemila: come molti calciatori di Inter e Milan residenti in zona San Siro Recoba ha un abbonamento omaggio all’Harbour Club, bello ma costoso club multisportivo. Ma non sa esattamente cosa farsene. Nuotare? Noioso. Andare in palestra? Non ci va alla Pinetina, non si capisce perché dovrebbe sollevare pesi sotto casa. Proviamo con il tennis. Un paio di partite con l’amico Mariano (in seguito ex amico, con tanto di causa in tribunale: vicenda meritevole di un articolo a parte) e poi bevendo una Coca dopo l’allenamento la proposta ai giornalisti meno anziani fra quelli presenti: “Perché non facciamo un doppio?”.

Proposta accettata. Noi, Ansa, e Mirko Graziano, Gazzetta dello Sport, ci presentiamo all’Harbour, dove non siamo mai entrati nonostante la lunga frequentazione dei dintorni. I tanti anni di scuola tennis e anche, all’epoca, una pratica assidua pensiamo siano un’assicurazione contro i 9 anni di vantaggio per il Chino e l’amico. Tanto più che Recoba prima di scendere in campo ci dice con naturalezza: “So fare già tutto, tranne il diritto e il rovescio”.

In effetti Recoba non mente, i due colpi fondamentali li gioca appoggiandosi e basta: fin troppo per chi è alla terza ora di tennis della sua vita. Anche il servizio non è granché, ma per noi c’è un problema: sia nei loro turni di battuta sia nei nostri Recoba arriva a rete in una frazione di secondo, quando già non è lì appostato. Una rapidità spaventosa. E le sue volée, ovviamente è mancino, sono sempre perfette, sia di diritto sia di rovescio: riusciamo a fare punto soltanto con tristissimi pallonetti che li ricacciano indietro, anzi che lo ricacciano indietro. Alla fine un faticosissimo 7-5, con le zanzare del parco di Trenno che entrano senza tessera e ci divorano.

La curiosità è che Recoba andando avanti si trasformerà in giocatore da fondo campo, il classico sudamericano da terra battuta che può tenerti in campo ore. Diventerà presto troppo forte per noi e i suoi avversari diventeranno altri calciatori con la scimmia del tennis, primo fra tutti Vieri. Certo gli hater di questa rubrica (un marziano non crederebbe mai all’esistenza di hater di una rubrica su Recoba), per fortuna una minoranza, per quanto rumorosa, che si realizza dileggiando un calciatore del passato e mettendo meno a Italo Muti, giocano un tennis migliore di quello del Chino.

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