La rivoluzione di Spadafora

13 Luglio 2020 di Oscar Eleni

Oscar Eleni da una capanna nella foresta pluviale del parco Olympic, stato di Washington, vicino a Seattle, dove un giorno Laurel D’Antoni, la grande compagna di Mike, mito Olimpia, allenatore oggi a Houston, liberò i disperati inviati per un giochi senza frontiere sportivo inventato dai politici, facendoli addormentare sotto abeti di oltre 90 metri. Era una delle nostre tre vite: pubblica, segreta, privata.

Nella foresta portando un libro profetico dello scozzese John Niven, il divertente La lista degli stronzi, una storia che vorremmo fosse vera, anche se lui prevede che nel 2026 a guidare gli Stati Uniti ci sarà Ivanka, la figlia di Trump che, per il protagonista del libro, deciso a far fuori tutti quelli che lo hanno rovinato, ha messo Donald mister arancio al primo posto nella lista dei Delenda Carthago. Il motivo sembra di vederlo già adesso, negli Stati Uniti, ma pure in Europa, partendo magari dalla Polonia: bigotti, razzisti e misogini al potere.

Sapendo bene che i cattivi fanno quello che i buoni sognano, con la paura di poter diventare come i mostri che combatti, eccoci qui a studiare le manipolazioni britanniche per rendere felici le Olimpiadi londinesi del 2012. Ci sono riusciti, ma, come scrivono sul Curierun, cercando le stesse scorciatoie che un tempo fecero considerare mostri quelli dell’Est, che oggi  tengono la Russia sotto scacco per un antidoping al profumo di borsch, perché al posto delle barbabietole ci mettevano di tutto per la loro X generation.

Cianuro nella camomilla per chi è costretto a leggere il labiale dello sport italiano dove alla prepotenza si oppone l’incompetenza. Mentre Gianni Petrucci scopre che da noi la monocultura del calcio, da lui citato spesso per svegliare i bradipi del cesto, sta uccidendo le altre discipline, scoppia a pagina trenta dei giornali la ribellione delle Federazioni contro la “rivoluzione” di Spadafora, oggi nemico, ieri amico, domani chissà. La candeggina per pulire una terra sconosciuta ai neo legislatori, eroi da calcetto se va bene, il detersivo per lasciare a terra chi è al potere da troppo tempo, un mandato dietro l’altro con il paravento della democraticità di votazioni che sappiamo bene come vanno se a comandare sono i ras di quartiere nelle regioni.

Che cada Malagò insieme ai tanti filistei che non si erano accorti della invasione a Palazzo Acca, dei molti che criticavano il bell’uomo dell’Aniene per aver detto ahi quando quelli di Sport e Salute se ne sono andati con gran parte del malloppo che è sempre servito per farsi servire. Certo  Malagò non cadrà da solo e non si consolerà se a cadere dovesse essere il suo primo nemico, il Barelli del nuoto meravigliao all’italiana, pizzicato sull’Espresso per combinazioni sportivo-economiche che sembra abbiano richiesto indagini alla magistratura.

Lo Spadafora dice che un quinto mandato è troppo. Vale per Malagò che non potrebbe ricandidarsi, ma nell’elenco ce ne sono tanti: Chimenti, golf, 5° mandato, Di Rocco, ciclismo, 4°, Rossi, tiro a volo, 7°, Binaghi, tennis, 5°, Petrucci, basket, 4°, Buonfiglio, canoa,4°, Aracu, rotellismo, 7°. Si lamentano tutti con Spadafora, persino quelli di Sport e Salute. Strage al Foro Italico che sembra invaso dai maghetti di Ruffalo che fanno sparire una cassaforte e inondano il pubblico con soldi appena rubati.

Tutto questo mentre si gioca a ping pong per far sorridere, ma dai, mentre si liberano le famiglie dai patiti del calcetto, ancora incerti, invece, sui contatti che potresti avere nei campetti da basket o sulla sabbia del beach volley. Il problema società in estinzione non riguarda nessuno. Ci penseranno allo sport di base, anche se non sapendo dove far studiare la gente, figurarsi se avranno mai il tempo per capire cosa servono le palestre. Nessuno di noi sa cosa succederà domani. I virologi litigano e si mettono il cerone, ma di vaccini non se ne parla e tutti sospettano che, se lo troveranno, sarà prima di tutto per i ricchi nascosti nelle loro riserve auree, con spiagge già dorate.

Noi qui a domandarci se Mihajlovic ha fatto bene ad attaccare Caressa, a dividerci oggi sulla polemica mentre ieri facevamo silenzio se la gente difendeva gli autori del grande genocidio. Tempi da mascherine buttate per strada, insieme alle bottiglie vuote, al buon senso, mentre diventa virale l’astinenza da agonismo vero, gare serie e non accorciate dall’ignoranza come il 200 di Lyles che deve aver trovato una stella alpina a Doha se poi, in Florida, si è sentito tradito perché la sua corsa sotto i 19 secondi veniva considerata fasulla visto che mancavano 15 metri al traguardo.

Ci ritroveremo, se ci ritroveremo, con il nostro mondo sportivo davvero in pezzi e sembrano averlo capito anche i fanatici del pallone che  resistono poco davanti alle partite di questo campionato estivo dove le belle gioie non dimenticano mai il copione delle recite immonde per un contatto diciamo ruvido, carezze per sport veramente duri, di contatto, direbbero al pub dei rugbisti, nella piscina della pallanuoto, su un campo da hockey, gente che gironzola andando al massimo e poi si stupisce se si trova senza patente e magari presa in giro. Certo loro possono fottersene delle regole comuni, non troveranno nessun bastardo  che li spingerà nel fiume come il poveraccio rimasto senza lavoro che vendeva rose nei ristoranti dove lorsignori si trovano anche in 300 come all’Argentario, o sui Navigli, o dove vogliono.

In questa carestia di coraggio, di forza per ribellarsi, cambiare le cose, ridare un senso al lavoro sul campo, il basket vive la sua estate tossica: vuole ripartire con la supercoppa ad agosto ma non sa come mettere in quarantena chi arriva da paesi più malati del nostro, stranezze del virus direbbero olandesi, austriaci e tutti quelli che temono di vedere i soldi europei lasciati sul sedile della macchina guidata da Messina Denaro.

 Povero basket a porte chiuse anche se Petrucci, il primo dei virtuosi a chiudere tutto, continua a chiedersi perché possono riaprire i teatri e non i palazzetti. Risponda chi ne sa più di noi, non certo Spadafora. Porte chiuse, gente  che non ha certo voglia di andare in campo contro i super ricchi di Milano, della Bologna virtussina, della Venezia virtuosa che alle altre, almeno, ha insegnato cosa vuol dire fare attività di base. Sarà per questo che ancora adesso non si sa quante squadre parteciperanno alla prossima serie A da organizzare a Gardaland.

Ha fatto bene Vanoli, l’uomo della Cremona felix, a dire che in questo momento dare soldi per un basket con troppe rane a bocca larga è un sacrilegio. Cosa ci aspettiamo il 31 luglio da Roma? Cosa succederà per far diventare squadre competitive società che non hanno davvero occhi per piagnucolare. Intanto i nostri assi, o presunti tali, appena possono se ne vanno altrove e speriamo che  nelle Canarie il nostro pifferaio Amedeo Della Valle ritrovi le sensazioni che lo facevano vivere da principe a Reggio Emilia.

Vero che è tornato Datome, ma, si sa, dopo una certa età, senti nostalgia delle cose di casa. Lui è uno vero, ci darà dentro, però, come dimostrato da Scola, dallo stesso Rodriguez, da altri campioni in età, non è che diventi matto se tutto non funziona sul campo. Lo stipendio corre, la famiglia sembra felice. Ci pensino gli allenatori che, come ci insegnano (insegnano?) nel calcio, possono anche fare miracoli, possono rianimare squadre morte, ma poi, come capiterà a Pioli, ti diranno di lasciare il posto al loro mago, salvo poi urlare in faccia al Conte pallonaro che dopo tanti proclami non sta facendo meglio dello Spalletti che loro, i rinfaccianti, trattavano come faceva Berlusconi con il sinistrorso Zaccheroni, come farà la Juventus se questo Sarri verrà rimbalzato dall’Europa visto che in Italia, anche giocando così male, ha una curva di vantaggio sui cani all’inseguimento che non stoppano una palla e non  sanno passarsela se il compagno è  distante più di tre metri.

Noi torniamo sotto il grande albero felici se gente dal cuore grande, messa sotto i ferri, come Dante Gurioli, il giganton Dallera, il grande Ghighi Parodi, possono tornare a parlare col mondo. Caro Petrucci gente dei nostri tempi, ma forse anche dei suoi, egregio presidente. Non diremo mai che era meglio prima. Però lo penseremo, alla faccia degli Spadafora arrivati con la piena dell’uno vale uno.

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