Il diritto al buono pasto

13 Luglio 2020 di Indiscreto

I buoni pasto sono un diritto? Per chi lavora da casa, quando possiamo non scriviamo smart working perché di smart a volte c’è solo il traffico evitato, la risposta è no. Per la semplice ragione che i buoni pasto non fanno parte della retribuzione, anche se tutti quelli che ne usufruiscono li hanno sempre considerati come tale. In molti casi il buono pasto si trasforma infatti in buono spesa, rendendo tutti contenti.

Il meccanismo è infatti semplice e geniale. Ci guadagna l’azienda, che paga una parte della retribuzione netta in maniera davvero netta (fino a 8 euro per buono pasto elettronico, insomma quello con la card, fino a 4 per quelli cartacei). Ci guadagna il lavoratore, visto che difficilmente avrebbe avuto lo stesso netto in busta paga, ci guadagnano in teoria ristoranti e negozi che aumentano il loro numero di consumatori e spesso ‘trattano’ sul buono pasto stesso, in definitiva non ci perde lo Stato che lascia sul campo un po’ di contribuzione e di IRPEF ma che sostiene aziende, occupazione e consumi.

Il buono pasto è quindi l’unica situazione win-win dell’universo? In teoria sì, in pratica no perché le commissioni che i commercianti pagano ai Pellegrini e Sodexo della situazione sono a volte in zona 20%. In altre parole, i 10 euro della pizza e e coca pagati in contanti non sono per la pizzeria i 10 euro pagati con la Pellegrini Card.

Sentiamo tanta gente preoccupata per la perdita del buono pasto, ma la domanda da farsi è una sola: il tempo (dandogli un valore monetario, diciamo 10 euro l’ora) e le spese di trasporto, benzina-parcheggi o biglietti di mezzi pubblici, dopo aver sottratto il valore del buono pasto, sono superiori al prezzo di un pranzo casalingo? Se sì, meglio lo smart working senza buoni pasto.

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