Un calcio a Sergio Sylvestre

18 Giugno 2020 di Indiscreto

Sergio Sylvestre ha reso memorabile la finale di Coppa Italia fra Napoli e Juventus dimenticando una strofa dell’inno nazionale. E la cosa è stata notata, visto che si tratta di un cantante, tutt’altro che sconosciuto, pagato per cantare. Meno male che Mattarella, a fine partita anche sfottuto da De Laurentiis, se ne è rimasto a casa. Dei pochi presenti all’Olimpico, solo Mancini, Buffon e Bonucci hanno in definitiva cantato l’inno con le parole giuste.

Ma un vuoto di memoria può capitare anche ai migliori. La parte esaltante della vicenda è stata che il cantante vincitore di Amici 2016, statunitense che ha trovato l’America in Italia, è diventato l’idolo del giorno della sinistra italiana (ci vorrebbe una rubrica a parte), per lo meno quella che vive sui e di social network. Se il vuoto di memoria fosse stato di Riccardo Fogli o Toto Cutugno sarebbero stati di sicuri azzannati, in quanto vecchi rappresentanti delle vecchia Italia provinciale. Vuoi mettere con quella multiculturale di oggi, che deve sentirsi in colpa perché la polizia di Minneapolis ha fra le sue fila un criminale?

La nuova dimensione di Sergio Sylvestre è merito del ‘No justice no peace’ gridato alla fine con il pugno alzato, novello Tommie Smith, come a dire: come cantante faccio schifo, ma sono dalla parte giusta: da oggi quindi divento non criticabile, se no siete razzisti e sovranisti. La sua posizione si è aggravata con la precisazione successiva, in cui sosteneva di essersi bloccato non per scarsa professionalità ma perché era triste, avendo visto lo stadio vuoto. E certo, lui abituato a riempirli, gli stadi….

La vera domanda, visto che la nostra linea è sempre quella di dare colpe (e meriti) ai dirigenti, è però la seguente: chi ha avuto l’idea di far cantare Sergio Sylvestre prima di Napoli-Juve? E poi: come è avvenuto il processo di selezione, quali erano i candidati? Quale tipo di pubblico si voleva raggiungere?

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