La nazionale della Padania

19 Giugno 2020 di Gianluca Casiraghi

Padania, chi se la ricorda? Nelle recenti polemiche su sanità e lockdown si è parlato di Lombardia, Veneto, Piemonte, eccetera, ma non della Padania, nazione immaginaria che nella testa di Gianfranco Miglio si sarebbe dovuta estendere dal Piemonte al Friuli: in sostanza il Nord Italia. La Padania nei ruggenti anni Novanta era il cavallo di battaglia dell’allora Lega Lombarda del senatur Umberto Bossi, fra volontà di secessione o quella più soft di federalismo. Un concetto di nazione che prendeva forza dal fiume Po, che attraversa la grande pianura per 652 chilometri.

Padania, però, è anche la storia, relativamente poco conosciuta, di una nazionale di calcio che dallo scorso millennio fino ai giorni nostri ha mietuto successi nei campionati Mondiali ed Europei riservati alle nazioni non riconosciute dalla FIFA: tre titoli mondiali VIVA della NF Board e due Europei della CONIFA, per citare i principali. Una squadra, la Padania, che ha quindi un curriculum di alto profilo: 33 partite disputate, 23 vittorie, 5 pareggi e 5 sconfitte, una striscia di imbattibilità di 14 gare e il record di gol in un singolo incontro, il 20-0 rifilato al Darfur.

E, quel che conta di più, stadi pieni durante le manifestazioni internazionali ospitate a Erbil in Kurdistan, a Lefkosa nella Cipro del nord, a Stepanakert in Artsakh, a Sukhumi in Abcasia, per citarne solo alcune, oltre a un vero seguito di appassionati anche da patrie del calcio come il Brasile. Ognuna di queste nazioni o aspiranti tali ha una sua storia, non è che il calcio possa appiattire tutto equiparando pulizie etniche a rivolte fiscali, ma è evidente che a seconda di dove si viva si abbiano risposte diverse agli stessi problemi. La maggioranza degli italiani ad esempio pensa che il Kurdistan dovrebbe essere una nazione, ma la risposta cambia se lo stesso sondaggio viene effettuato su un campione di turchi, non necessariamente nazionalisti o guerrafondai.

Ma torniamo al calcio. La nazionale della Padania esordì nel 1998 con una doppia sfida contro l’Ausonia, sulla maglia campeggiava il sole delle Alpi che con il tempo sarà sostituito dalla croce di San Giorgio. Da allora fino al 2007 ancora qualche partita, senza alcuna ufficialità. La svolta proprio nel 2007, quando fu fondata la federazione calcistica padana, che si affiliò alla NF Board, l’ente che faceva giocare le federazioni non riconosciute dalla FIFA.

Nel 2008 la Padania partecipa al suo primo campionato del Mondo in Lapponia e c’è già il primo trionfo, con la guida degli ex calciatori di Serie A Alessandro Dal Canto, Massimiliano Scaglia e i fratelli Michele e Federico Cossato. Successo confermato nell’edizione casalinga del Mondiale dl 2009, questa volta le star padane sono Maurizio Ganz e Gianpiero Piovani, battuto in finale il Kurdistan che anche negli anni successivi si riproporrà come ultimo avversario dei biancorossi.

E il 2010 non è soltanto l’anno del Triplete dell’Inter, anche la Padania ha il suo, vincendo l’edizione dei Mondiali disputata a Malta. Nel 2012 è il Kurdistan a ospitare i Mondiali, ma nessuna rivincita per gli asiatici perché la Padania non ci sarà per problemi logistici e strutturali (cioè mancanza di soldi) della federazione.

Facile fare un parallelo con il mutamento politico della Lega sotto la guida di Salvini, da partito del Nord Italia a partito nazionale, con risultati elettorali che hanno dato ragione a Salvini ma anche scontentato chi nella Padania, più che nella Lombardia o nel Veneto, ha creduto davvero. In questo quadro la nazionale padana non serviva più come vetrina di un progetto federalista e quindi è stata lasciata al suo destino.

E infatti nel 2013 si volta pagina nella federazione padana, sotto la nuova guida di Ivan Orsi, Giovanni Motta e Alberto Rischio: spazio anche al calcio giovanile, femminile e agli adulti con disabilità. Sempre dal 2013 c’è l’affiliazione alla CONIFA, la nuova istituzione che guida le federazioni calcistiche dei territori non riconosciuti dalla FIFA. Nuova federazione, giocatori di livello inferiore al passato ma successi “vecchi”: la Padania infatti si impone negli Europei del 2015 a Debrecen e nel 2017 a Cipro Nord. Nella finale del 2017 i battuti sono i quotatissimi padroni di casa, grazie al gol di Ersid Pllumbaj e alle parate di Marco Murriero. Il numero 1 padano sarà protagonista anche nel terzo posto nei Mondiali di Londra dell’anno successivo.

Queste sono soltanto due delle storie dei protagonisti dell’epopea pallonara padana. Vogliamo citare il presidente Fabio Cerini, il mister Arturo Merlo, il capitano Stefano Tignonsini, l’unico in campo in tutti e cinque trofei internazionali conquistati dalla Padania e il bomber Andrea Rota. La Padania fra l’altro è la prima nazionale extra-Fifa e Special olympics ad aver fondato una nazionale formata da adulti con Pan-disabilità. Questa nazionale allenata da Mauro Tarasco ha disputato nel 2018 il primo match ufficiale della storia a Savona contro il Monaco Special Olympics.

Ma tornando al discorso generale, bisogna dire che la nazionale della Padania oggi non è più una costola del progetto politico bossiano, tanto meno di un partito, ma rimane, per lo meno dai pochi media che ne parlano, considerata come mero folklore, invece che una solida realtà calcistica sotto la croce di San Giorgio. Una realtà onestamente dilettantistica, ma non per questo meno importante, anzi. Rimane il doppio binario nei giudizi: se Pep Guardiola dice di avere come sogno i Mondiali da allenatore della Catalogna gli facciamo i complimenti per l’attaccamento alla sua terra, da noi una frase del genere in bocca, mettiamo, ad Ancelotti, scatenerebbe il finimondo.

A proposito di Catalogna, la sua nazionale non fa parte della FIFA ma nemmeno della CONIFA: indipendente da tutto, si potrebbe dire, così come i Paesi Baschi, la Corsica e le Fiandre. Come si vede, in certi casi si tratta di entità territoriali o aspiranti nazioni che sono meno ridicole del 90% degli iscritti alla FIFA.

(Fonti: profilo Facebook di Andrea Rota, per la foto Wikipedia)

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